Con Cambellotti, artista artigiano ora Latina racconta la sua storia

Inaugurato nella città laziale un intero museo dedicato al poliedrico e indimenticabile personaggio scomparso nel ’60

Laura Gigliotti

Il 14 ottobre si è aperto a Latina un nuovo museo dedicato al poliedrico «artista artigiano» Duilio Cambellotti (1876-1960), ma anche al territorio pontino e ai suoi abitanti con i quali ha avuto un lungo e intenso rapporto. L’attenzione viene fissata su alcuni aspetti. Come l’acqua e le fontane, che tanta parte hanno avuto nella sua produzione e la partecipazione alla mostra Roma 1911 organizzata in occasione del Cinquantenario di Roma Capitale. Nella Grande Capanna, accanto a opere di artisti affermati come Balla e lo stesso Cambellotti, figuravano oggetti realizzati dai contadini, espressione dell’impegno profuso, insieme a Alessandro Marcucci, Sibilla Aleramo e Giovanni Cena, nella realizzazione delle Scuole dell’Agro, e ancora il Cambellotti progettista dei monumenti ai caduti di Priverno, Terracina, Borgo Hermada, lo scenografo di Scipione l’Africano, il film di Carmine Gallone del ’37 e di Cielo sulla palude del ’48 di Augusto Genina, dedicato a S. Maria Goretti, il coreografo teatrale che collaborò anche con D’Annunzio, lo scultore, l’animalista, il ceramista, il decoratore. Il Museo, che raccoglie anche un’ampia documentazione sulla storia della bonifica, nasce dalla donazione alla città di Latina nel ’96, da parte dei figli dell’artista Adriano e Lucio, dei Vannini, i tre bozzetti a tempera del fregio La Redenzione dell’Agro e di due bozzetti in gesso per la decorazione della Corte d’Assise del Palazzo di Giustizia. Ad essa seguirono altre donazioni di oggetti più o meno legati alla palude e al riscatto e alla conquista della terra, come la medaglia Il buttero e le ceramiche, oltre all’acquisizione di circa cento medaglie e calchi di monete e medaglie storiche della collezione Cambellotti e di 30 disegni realizzati dall’artista per il libro di Ercole Metalli «Usi e costumi della Campagna Romana». L’edificio che ospita il Museo si trova in piazza San Marco, di fronte alla Casa del Combattente, un altro gioiello dell’architettura degli anni Trenta. Progettato nel ’32 per l’Opera Nazionale Balilla (O.N.B.), da Oriolo Frezzotti, artefice della città di Latina, è costituito da un grande ingresso con ballatoio, servizi, uffici e un’ampia e luminosa palestra con tetto a capriate in cui è esposto su una struttura a ferro di cavallo l’intero ciclo dei cartoni preparatori per La Redenzione dell’Agro (trenta metri di lunghezza per due metri e mezzo di altezza), realizzato per la sede del Commissario Speciale per l’Agro Pontino, poi Palazzo del Governo e odierna Prefettura. Un ciclo pittorico di grande importanza, a cui la critica non ha riservato per lungo tempo l’attenzione che meritava, ricorda Daniela Fonti. Eppure riassumeva e chiudeva quarant’anni d’arte ispirati dalla campagna pontina e alimentati da quella particolare «malia intensa formata di sogni primordiali, di tristezza e di abbandono», come confesserà lo stesso artista. Incaricando Cambellotti della realizzazione del ciclo decorativo dell’edificio più importante della città, Frezzotti mostrava di condividere l’idea di Sironi che la pittura murale avesse un ruolo sociale ed etico. Del resto l’artista, quasi sessantenne, aveva una lunga esperienza di muralista alle spalle e della Campagna Romana, che aveva ispirato tante sue opere, conosceva la dimensione più profonda e mitica. La «Redenzione dell’Agro» o «La Conquista della Terra» è un trittico disposto su tre pareti della grande sala. Al centro l’episodio fulcro di tutta la rappresentazione. I «militi grigi» dalla consistenza scultorea saggiano il terreno, la luce irrompe dal fondo, in basso la città nuova, i palazzi bianchi ancora in costruzione. Ai lati, da una parte il passato con la «lestra», la capanna-ricovero dei contadini dell’Agro, dall’altra il futuro col buttero in fuga, in mezzo alle sue mandrie, verso i monti Lepini. Il pittore, non potendo eseguire l’affresco per ragioni di tempo, dipinse il fregio a tempera su lastre di eternit, un materiale destinato all’edilizia. Una scelta del tutto sperimentale che lo costrinse anche a eliminare alcuni colori che subivano, come il viola, una forte alterazione.

Sarà lui stesso nel ’49, ultrasettantenne, a restaurarlo apponendovi la firma e la doppia datazione. Latina, Piazza San Marco. Tel. 0773 - 486916, museo@comune.latina.it Orario: 9.00 - 13.00/ 15.30 - 19.30, domenica 10 - 13, lunedì chiuso.

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