Come cambiano le protesi per l’anca

«Oggi le protesi d’anca sono impiantate sui giovani, sugli anziani, ma anche sugli sportivi. Ho operato sciatori, golfisti, pugili ed anche un esperto in parapendio. Tutti atleti che dopo l’intervento hanno ripreso l’attività sportiva. Dopo 48 ore è già possibile scendere dal letto e riprendere la deambulazione, passate quattro settimane si deambula con una stampella. Con il ripristino delle articolazioni e il recupero delle fasce muscolari la ripresa funzionale è veloce». Carmine Cucciniello da dieci anni dirige l’unità di ortopedia correttiva dell’Istituto Gaetano Pini di Milano.
All’inizio del secolo scorso in questo ospedale venivano curati i soldati mutilati di ritorno dal fronte austriaco della prima guerra mondiale, nel 1925 il primo ampliamento nella attuale sede, nel ’54 la costruzione del primo monoblocco, nel ’64 la realizzazione del secondo.
La chirurgia ortopedica negli ultimi venti anni ha registrato grandi cambiamenti. Ogni anno si effettuano in Italia oltre 70mila interventi di protesi d’anca. Già negli anni Ottanta erano impiantate, ma senza le metodologie ed i materiali sofisticati che oggi offrono risultati positivi nel 90 per cento dei casi. Cucciniello lavora all’Istituto Pini da quasi trent’anni, prima come assistente e aiuto del professor Randelli, un pioniere dell’ortopedia italiana, poi, da dieci anni, come direttore dell’unità di ortopedia correttiva, un reparto all’avanguardia che effettua ogni anno 180 - 200 interventi di sostituzione totale di protesi d’anca.
«Impieghiamo tecniche chirurgiche mini invasive ormai consolidate e soprattutto abbiamo adottato biomateriali ad alta compatibilità e bassissima usura nel tempo, che consentono al paziente il ritorno ad una piena attività non solo lavorativa, ma anche sociale e sportiva. Anche i pazienti più giovani, con alta aspettativa di vita qualitativa e quantitativa, possono affidarsi serenamente nelle mani del chirurgo di fiducia. I rischi dell’intervento, anche nei casi più difficili, si sono progressivamente ridotti e giustamente ora non sono più un ostacolo», precisa il dottor Cucciniello che si è perfezionato nei migliori centri ortopedici inglesi e tedeschi (con il professor Wagner) ed americani (a Boston con il professor Harris).
«La protesi è una articolazione sostitutiva di quella ammalata (affetta ad esempio da coxartrosi primaria,displasica, osteonecrosi, post-traumatica) mira ad eliminare in modo efficace e permanente la fonte del dolore con completa restituzione del range di movimento dell’articolazione. Dopo aver acquisito nella pratica chirurgica gli steli protesici corti (cioè la componente inserita nel femore) e la filosofia laminare, si sono registrati ulteriori sviluppi dovuti alla bioingegneria delle superfici, che hanno portato al rivestimento di parte dello stelo con materiali all’avanguardia quali il «Bone Master» sviluppato con lo scopo di trovare processi ottimali che permettano la stabilità degli impianti grazie all’immobilizzazione della matrice extracellulare sulla superficie inorganica con l’interazione fra le cellule e la matrice extracellulare».
Questo processo di produzione è basato sulla precipitazione elettrochimica di idrossiapatite in soluzione satura. Il rivestimento ha uno spessore di 5 nanomicron e consiste in nano-particelle di idrossiapatite. In conclusione il rivestimento in Bone Master associa la biocompatibilità ottimale dell’idrossiapatite con una microstruttura ideale, un finissimo tessuto simile ai cristalli ossei.
Inoltre per quello che riguarda la componente acetabolare dell’impianto protesico l’attuale orientamento prevede l’utilizzo di teste con grandi diametri che garantiscono maggiore movimento articolare e elevata stabilità dell’articolazione».
La ridotta invasività dell’intervento di artroprotesi d’anca è stata ottenuta con la riduzione del 40% della lunghezza dello stelo in titanio e con l’impiego di materiali sempre più innovativi.

Per la sostituzione dell’anca malata si è passati dalle leghe metalliche, ai materiali plastici o ceramici, eliminando in tal modo la fonte del dolore in modo efficace e permanente e riducendo l’usura delle protesi aumentandone la durata. Elevata affidabilità è data dall’accoppiamento metallo su metallo, minimizza ulteriormente l’usura e non presenta rischi di fratture del materiale.

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