La capitale della cultura che ispirò pure Allan Poe

La città del Grande Nord, dove la natura crea situazioni estreme, vince la candidatura nell'Ue

La capitale della cultura che ispirò pure Allan Poe

Avevamo appena superato una serie di gallerie buie, nella roccia viva, scintillante di stalattiti. Poi s'è aperto un paesaggio in bianco e nero, la neve che turbinava, quella sollevata al passaggio del treno, sulla sinistra l'Oceano di piombo, a destra la tundra nuda del plateau che s'estende fino a Bødo, la capitale del Nortland norvegese. A un certo punto la massicciata, le betulle basse, il ghiaccio che sferzava contro i finestrini si sono tinti di rosso, si vedevano pezzi di animali rotolare tra gli schizzi di sangue. «D'inverno accade spesso», diceva Reymond Jakobsen, 24 anni, compagno di carrozza salito a Trondheim durante quel viaggio compiuto lo scorso dicembre. «Le renne, ma anche gli alci», spiegava, «scendono a valle e usano la ferrovia per spostarsi più facilmente, perché è sgombra di neve. Il treno non fa in tempo a rallentare. Questa è la vita quassù nella regione artica di Saltfiellen e nel Nortland».

Raccontava il ragazzo che la linea fu costruita dai nazisti al costo di duemila prigionieri-schiavi morti e dei piani del governo d'estendere la tratta da Bødo, dove ora termina, verso il Grande Nord, almeno fino a Tromsø, quasi 600 chilometri: un'impresa complicata, costi enormi per riuscire a bordeggiare i fiordi tra le montagne e poi c'è l'ostilità delle comunità Sami, proprio perché la ferrovia attraversa i territori lapponi e le piste delle renne. «Ma l'Artico sta diventando sempre più importante, una delle regioni più dinamiche del mondo anche se purtroppo lo sviluppo è una delle conseguenze del cambiamento climatico e dello scioglimento dei ghiacci. Il nostro High North era la regione più depressa del Paese, nonostante il Mare di Barents sia uno dei maggiori serbatoi di petrolio del Pianeta. La Norvegia ora invece sta investendo in infrastrutture, porti, nuovi centri urbani, sostiene i giovani che accettano di emigrare al Nord. Però il governo non ci ha minimamente aiutati a promuovere la candidatura di Bødo per diventare la capitale europea della cultura nel 2024».

Reymond era deluso, anche perché lui era proprio uno dei tanti giovani volontari del comitato promotore. Ma ora sarà felice, perché questa cittadina di 52mila abitanti, conosciuta dai viaggiatori stranieri quasi solo perché è una delle tappe della Hurtigruten, la crociera lungo i fiordi e perché è la base di partenza per il paradiso delle isole Lofoten - sarà la prima capitale europea della Cultura dell'Artico. Una scelta probabilmente dettata anche dai dati pre-Covid, che indicavano come l'incremento del turismo nell'High North scandinavo è aumentato del 400% in tre anni, un trend che riguarda tutta la regione artica, (il caso più clamoroso quello dell'Islanda con oltre tre milioni di visitatori estivi a fronte di una popolazione di 320mila abitanti) ritenuta l'ultima frontiera dell'esotico: quel che resta del ghiaccio pare attirare più delle palme.

È la terza volta per la Norvegia, dopo Bergen nel 2000 e Stavanger nel 2008. «Ma il governo non ha voluto impegnarsi, davano per scontata la sconfitta e ritenevano fossimo del tutto impreparati», dice il sindaco di Bødo, Ida Pinnerød, «anzi, hanno fatto pressioni perché ritirassimo la candidatura e hanno rifiutato il contributo di 11 milioni di euro che avevamo chiesto. Con la notizia della vittoria mi hanno chiamato annunciando il bonifico». Sembra di capire che dietro a tanta riluttanza c'erano le pressioni della capitale Oslo, che aspira a diventare la prima città al mondo per investimenti nella cultura, punta di diamante il museo Munch, la cui inaugurazione, slittata almeno cinque volte, sta diventando un caso nazionale. Tant'è che a Bødo si sono già aperti i cantieri, prima di tutto quello per la costruzione di 600 metri di waterfront, il più lungo del Paese, che ospiterà un'avveniristica biblioteca dell'Artico e un centro culturale della tradizione Sami. Per fargli spazio hanno spostato l'aeroporto di un chilometro.

Fondata nel 1816, Bødo è stata uno snodo commerciale, poi un centro di pesca alle aringhe, prima di venire rasa al suolo durante la Seconda Guerra Mondiale. Quella che vediamo oggi, quindi, è il frutto di una lunga ricostruzione, che ha trasformato il vecchio villaggio di pescatori in una città ordinata e curata, con un bel porto, immerso nella magnificenza dei paesaggi nordici. Dal dopoguerra è stata un centro importante per la difesa aerea rapida della Nato nello scacchiere settentrionale. Da qui, per dire, lo scorso 29 aprile due F-35 norvegesi sono decollati per intercettare altrettanti Tu-142 russi per il riconoscimento sottomarini che avevano sconfinato senza comunicare intenzioni e coordinate dal Mare di Barents fino al Mare del Nord su rotte civili, quelle transatlantiche, normalmente le più trafficate d'Europa. Un azzardo con pochi precedenti che i media norvegesi spiegano con l'azzeramento del traffico aereo causa lockdown. Poi si è saputo che i due caccia russi erano d'appoggio al Kazan, nuovo sottomarino nucleare di classe Yasen in attività nel Nord Atlantico tra Norvegia e Regno Unito.

Città di piloti e pescatori di merluzzo, Bødo è soprattutto natura estrema, come era chiaro da quell'impatto potente all'uscita dalle gallerie.

È la «capitale delle aquile di mare», che hanno eletto domicilio in questi scenari aspri e acque glaciali; e ospita lo spaventoso Saltstraumen Maelstrom, la corrente marina più impetuosa del mondo, gorghi che non a caso ispirarono un intenditore del brivido come Edgar Allan Poe.

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