Capitalia alza le difese e «congela» Intesa

Sborsati 600 milioni per acquisire il 2%. Bazoli smentisce un’imminente Opa

Gian Maria De Francesco

da Roma

Capitalia ha acquistato il 2,02% di Banca Intesa con un investimento di circa 600 milioni di euro. L’istituto presieduto da Giovanni Bazoli è stato così messo all’angolo. Il divieto di partecipazioni incrociate stabilito dalla legge Draghi obbliga l’istituto di Piazza della Scala a lanciare un’Opa finalizzata a conseguire il 60% del capitale dell’istituto romano qualora volesse esercitare i diritti di voto sulle azioni eventualmente acquistate ed eccedenti il 2% di Capitalia.
L’operazione, gia notificata alla Consob e alla stessa holding milanese, è stata comunicata al mercato ieri sera al termine di un cda dell’istituto di via Minghetti durato poco meno di due ore e convocato d’urgenza dall’amministratore delegato Matteo Arpe. Nel corso di una giornata che ha visto il titolo Capitalia guadagnare oltre il 2,35% a 6,851 euro e toccare i massimi da febbraio ’98 a quota 7,06 euro, si sono succeduti ben due comunicati stampa - su richiesta della Commissione guidata da Lamberto Cardia - con i quali entrambi i candidati all’aggregazione hanno smentito che vi siano trattative in corso. In particolare, Banca Intesa ha ribadito che «intende esaminare ogni eventuale opportunità di integrazione e sviluppo solo in ottica industriale e in termini amichevoli». Anche il presidente del gruppo milanese Giovanni Bazoli è tornato nel pomeriggio sull’argomento. «Ribadisco un grande disagio - ha detto - nel constatare come possano diffondersi ed essere ritenute credibili notizie prive di qualunque fondamento come quella di un’imminente azione ostile di Banca Intesa nei confronti di Capitalia».
Ma a queste precisazioni Piazza Affari non ha dato credito e Capitalia a fine giornata è stato il titolo più scambiato per controvalore con oltre 117 milioni di pezzi passati di mano (il 4,2% del capitale) per complessivi 811,7 milioni, pari a circa un sesto del volume totale degli scambi. Ma anche Banca Intesa si è portata sopra quota 5 euro con un guadagno dell’1,85 per cento. Un chiaro segnale che gli operatori hanno continuato ad accumulare posizioni cominciando a ragionare sui concambi di una fusione.
Di qui l’arrocco deciso da via Minghetti. Il cda, si legge nella nota, manterrà la quota in Intesa «fino al momento in cui non sarà rientrata la pressione speculativa ovvero tutti i propri azionisti non saranno messi nelle condizioni di valutare qualsiasi opzione strategica». Secondo quanto trapela negli ambienti finanziari capitolini, la mossa è stata decisa proprio in virtù della mancanza di contatti tra i due istituti, fermi all’incontro tra Bazoli e Geronzi precedente l’interdizione del presidente di Capitalia nell’ambito delle indagini sul crac Parmalat. Insomma, fatto salvo qualche abboccamento informale tra consiglieri delle due banche, non ci sarebbe stata nessuna formale apertura di un dossier. E per non ritrovarsi nelle stesse condizioni del patto di sindacato di Bnl, messo dinanzi al fatto compiuto prima da Unipol e poi da Bnp Paribas, Capitalia ha scelto la strada della difesa alta per avviare su basi paritetiche un confronto.


Ma servirà veramente? L’articolo 121 del Tuf parla chiaro: se Intesa intende dichiarare una partecipazione rilevante in Capitalia o autolimita il voto al 2% e vende il resto entro dodici mesi o lancia un’Opa da almeno 18 miliardi più un premio per gli azionisti romani. «Non è nello stile Intesa lanciare un’Opa ostile - fa notare un banker - ma in questo caso gli azionisti di Capitalia avrebbero dovuto anche saper fare un passo indietro».

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