Carlo Ancelotti e l’ombra di Lippi Mancini e il fantasma Mourinho

Galliani: "Carlo resta al 100 per cento". E il tecnico: "Sono a metà del guado, però il Milan deve dare di più". Mancini via solo se lo decide lui, ma in Spagna dicono: se l'Inter va ko in Europa arriva il portoghese

Carlo Ancelotti e l’ombra di Lippi 
Mancini e il fantasma Mourinho

Chissà come dev’essere vivere con un viareggino sull’uscio di casa. «Da un anno la sua sagoma staziona dalle parti di Melegnano (casello milanese dell’autosole, ndr)» chiosa un collaboratore di Ancelotti e questa frase spiega la data autentica dell’interesse per il Ct campione del mondo, consultato da Galliani, tecnicamente «prenotato» e poi lasciato a casa, sulla spiaggia di Viareggio a seguito del trionfo di Atene e del riconoscimento dello strepitoso lavoro svolto da Carletto, passato nei mesi successivi attraverso le tappe di un indimenticabile tris, Montecarlo ad agosto, Yokohama a dicembre. «Al 100%, e lo dico anche a nome del presidente Silvio Berlusconi, Ancelotti sarà l’allenatore del Milan anche nella prossima stagione pur senza la conquista della Champions» scandisce Adriano Galliani ai microfoni di milanchannel non tanto per cementare la panchina dell’interessato («nessun peso, sono abituato» confessa Ancelotti a cui fanno sapere che le ultime fughe giornalistiche sono frutto di qualche parola di troppo spesa in giro dal figlio di Lippi, Davide, ndr) quanto per soffocare sul nascere ogni complicazione all’alba di un paio di settimane decisive. Nella frase di Galliani c’è un codicillo che vale come un comandamento scolpito sulla pietra: «E lo dico anche a nome del presidente Silvio Berlusconi». Non si nomina il nome del presidente invano, a Milanello.
Ancelotti resta in sella anche se il Milan continua a vivere pericolosamente sospeso nel vuoto tra il rischio di una eliminazione dalla Champions, e la difficoltà di raggiungere il quarto posto (vedere i 2 ultimi pareggi). «Se non faremo la Champions, giocheremo con umiltà la coppa Uefa» detta ancora Galliani con l’intento di parlare a suocera-stampa perché nuora-squadra intenda. E nel frattempo, discutendo di coppa Uefa, scommette con Ancelotti sulla scansione delle reti nel ritorno di Milan-Borussia, semifinale 2001-02. «Che fate, vi state preparando?» chiede impertinente un simpatico cronista ricevendo in risposta un sorriso amarognolo. È la tensione che monta.
D’altro canto, lo stesso Ancelotti, sincero fino in fondo, ammette che «siamo a metà del guado e per superarlo occorre fare qualcosa di più di quel che abbiamo fatto fin qui». Che tradotto vuol dire questo: il Milan prende 1 gol nelle ultime 7 partite (grazie a Kalac), ma ha all’attivo solo 1 gol (e su rigore) nelle ultime 3. Deve migliorare nel gioco d’attacco. E deve farlo facendo crescere con Pirlo un po’ logoro (continua a giocare senza pause) Seedorf e Kakà: uno si ferma contro il Palermo, l’altro invece riprende il posto di musa dei due attaccanti (Pato e Gilardino) che più gli aggrada. Mancano i gol del Pallone d’oro all’appello di una stagione che segnala un altro deficit inquietante, appena 4 gol su 56 tiri da fuori area, pochi, troppo pochi per godere di una migliore posizione in classifica.


«Deve migliorare il gioco e col gioco il contributo di centrocampisti e difensori» manda a dire Ancelotti che lascia a casa con gli indisponibili Dida (a proposito, visita dallo specialista di Parma professor Fontanella e responso ufficiale: non serve l’intervento chirurgico per i ripetuti colpi della strega lamentati dal brasiliano), Nesta, Maldini, Seedorf anche Cafu e Serginho. Si capisce al volo che la fiducia nelle seconde linee di centrocampo, Emerson e Brocchi cioè, è ridotta al lumicino e che potrà realizzarsi solo a Catania, mercoledì prossimo.

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