Le donne libere non tifano per Hamas

Il femminismo oggi combatte contro il maschio occidentale, ma le femministe aderiscono alle manifestazioni vietate, antisemite e pro-Hamas

Le donne libere non tifano per Hamas
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Direttore Feltri,
da donna mi vergogno per il sostegno che le decerebrate femministe, e mi assumo la responsabilità dell'uso di questo preciso termine, stanno dando ad Hamas e alle organizzazioni terroristiche coalizzate contro Israele. Come è possibile stare così sfacciatamente dalla parte di chi opprime le donne e soffoca ogni libertà?
Manuela Caccamo

Cara Manuela,
il femminismo odierno - ahinoi - non è più un movimento che si batte per qualcosa, in primis per l'effettiva parità dei diritti tra uomo e donna, bensì si è trasformato in un movimento che combatte contro qualcosa, anzi contro qualcuno, il maschio, quello occidentale. La solidarietà che le femministe manifestano ed esprimono nei confronti delle organizzazioni terroristiche islamiche, scendendo in piazza e protestando con i vessilli di regimi illiberali che negano non un diritto ma qualsiasi libertà al genere femminile, è possibile in quanto essa nasce da una convergenza di vedute tra categorie in apparenza incompatibili e che nulla avrebbero da condividere: da un lato, le autarchie islamiche, fondate sull'idea che la donna sia assolutamente inferiore e vada trattata alla stregua di oggetto o di bestia; dall'altro, le neofemministe che vogliono le astine alle vocali facendo del femminismo una battaglia per le desinenze e poi fingono di non sapere che nel mondo arabo la schiavizzazione della donna è la regola. Ella appartiene al padre o al marito, viene percossa e persino uccisa se osa scoprire una ciocca di capelli, non può guidare l'automobile, non può studiare, non può lavorare, non può scrivere, non può compiere alcun tipo di scelta e rischia la lapidazione anche solo per una semplice accusa da parte di chicchessia. Così capita che se un marito desidera liberarsi della moglie, gli è sufficiente affermare che ella lo abbia tradito per farla condannare a morte. Ecco, io mi aspetterei che le femministe scendessero in strada a protestare contro questi regimi del male che perseguitano le loro sorelle. Invece, paradosso, lo fanno per dichiarare appoggio agli oppressori, agli stupratori, agli schiavisti, a coloro che negano i diritti umani e civili a chiunque sia femmina. A queste femministe, nelle cui teste alberga un po' di confusione, si aggiungono gli omosessuali, e mi pare che ci siamo tutti accorti che nei consueti cortei del sabato sventolano non soltanto le bandiere palestinesi ma anche quelle arcobaleno, come se la Palestina fosse la terra dei diritti dei gay e non il luogo in cui, come avviene in ogni regime islamico, gli omosessuali vengono perseguitati, arsi vivi, torturati, incarcerati.

Insomma, le femministe, che hanno fatto della mobilitazione di genere una lotta per il genere grammaticale, non hanno organizzato manifestazioni in Italia per ricordare quello che le donne iraniane e afghane subiscono quotidianamente e sensibilizzare la collettività su questo tema, ma pure aderiscono alle manifestazioni vietate in quanto antisemite e pro-Hamas. Sarebbe opportuno che queste signore leggessero le testimonianze delle donne sequestrate da Hamas, quelle che sono tornate a casa, tante altre restano purtroppo nelle mani dei sequestratori islamici. Mi ha colpito molto, ad esempio, l'ultima che ho avuto modo di conoscere, sfogliando ieri il Corriere della Sera. A raccontare la sua tragica esperienza è Aviva Sigal, 63 anni, rilasciata dai miliziani dopo 51 giorni di prigionia, prigionia nella quale il marito Keith, 65 anni, ancora versa, Dio solo sa in quale condizioni, dato che già dal primo giorno gli erano state spaccate le costole. Aviva ha narrato gli stupri ripetuti subiti dalle ragazze sequestrate e pure dagli uomini. Ella ha trascorso insieme agli altri prigionieri i suoi 51 giorni nelle mani di Hamas stando segregata in un piccolo spazio buio e puzzolente, l'ossigeno mancava, il soffitto era così basso che non si poteva neppure stare seduti, ma solo distesi su un materasso lurido, senza cibo né acqua mentre i terroristi di Hamas mangiavano e bevevano davanti a loro. I miliziani vestivano le ragazze con abiti da bambola e facevano loro cose indicibili, che la signora non ha voluto specificare, tanto il ricordo è orrendo. L'abbraccio tra i sequestrati era vietato, vietato consolare chi veniva picchiato, violentato, pestato fino a perdere i sensi con bastoni, fucili, mani nude. Neppure i bambini sono stati risparmiati. E tuttora sono 101 le persone ancora sotto sequestro.

Bene, che le femministe sappiano che questa è la gente che stanno difendendo, facendosi complici di codesto scempio.

Queste signorine insorgono contro il patriarcato e il femminicidio, contro l'Occidente e il maschio occidentale, salvo poi ammiccare a quelli che il patriarcato lo

considerano prima cellula della loro primitiva società e che il femminicidio ignorano cosa sia, dal momento che, a loro giudizio, uccidere una donna è uno dei tanti diritti di cui gode il maschio.

Brave, bravissime cretine.

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