Carnebianca: «La mia arte è un messaggio per l’umanità»

Anna Maria Tarantino

In questa calda stagione, Roma inizia a sfollare eppure c’è chi resiste anche all’afa per lavorare intensamente alle sue opere. Si tratta dell’artista Enzo Carnebianca che incontriamo nel suo studio, in pieno centro, alla salita del Grillo, dove lui, infaticabile si dedica al suo lavoro. Carnebianca è un artista poliedrico, ha viaggiato ricreando in sé una miriade di situazioni e stati d’animo diversi ma su tutto ha impresso il suggello del suo stile, inconfondibile e originale.
Oggi, più che mai, l’arte deve ritrovare le sue radici nella concezione spirituale della vita. La sua esperienza d’artista cosa le ha fatto capire a proposito?
«C’è una coscienza che l’artista ha dentro, sa di fare un lavoro che resiste nel tempo, l’arte è infatti proiettata nel futuro, l’artista ha sempre cercato di precorrere i tempi. La società si evolve grazie ai messaggi dell’arte, alla concezione spirituale e intima della vita che l’arte cerca di tradurre e di reinterpretare».
L’umanità non frena più la violenza e la follia umana dilaga senza freni inibitori. In questo frastuono assurdo cosa può l’arte?
«Credo nell’arte e nella parte geniale che c’è in ogni individuo. L’idea creativa nasce dall’osservazione della realtà e da tutte le condizioni esistenziali dell’essere, l’arte può aiutare l’uomo a non perdersi ma ad avere un filo conduttore, un riferimento fisso attraverso il quale ritrovarsi. Nell’era contemporanea si sono persi molti valori dunque è facile perdere la bussola della vita interiore l’arte ci riconduce al nostro io più profondo».
Nelle sue opere traspare una indicibile forza interiore, frutto dell’esperienza e del tormento della creazione.
«Per me fare questo mestiere è un modo di essere, da sempre. Oggi, con la maturità sento ancora di più il peso della responsabilità dell’artista, tuttavia mi sento un uomo normalissimo che vive quotidianamente i problemi. Nella vita ho sofferto, lottato, lavorato accanitamente, durante l’infanzia vissuta in Sud America ho maturato molte esperienze. Al ritorno in Italia ho lavorato per il teatro con Camillo Parravicini, lì ho imparato i rudimenti del mestiere, ma non è stato semplice i dolori mi hanno conferito la forza che oggi mi si attribuisce».
Quali sono stati i suoi riferimenti?
«I grandi del Rinascimento: le splendide tele a velatura. Il mio idolo in arte è stato il Caravaggio, in seguito ho amato e osservato attentamente la grande arte di G.M. Bosh».
Lei ha creato un comitato per la costituzione della categoria dei maestri e degli artisti delle arti visive: scultori, pittori e fotografi.
«L’idea è nata dall’esigenza di evitare il plagio nelle opere d’arte. Il progetto è teso a riqualificare l’artista e il suo lavoro, ciò è possibile affidando alla società italiana degli autori ed editori, e in particolare alla sezione Olaf che opera in questo specifico settore, il compito di applicare dietro richiesta dell’artista, su tutti gli esemplari numerati di ogni opera, un “bollino” di controllo (simile, nella tipologia a quello già in uso per i supporti audio, video e multimediali). Tale “bollino” deve garantire l’autenticità dei singoli esemplari e la loro effettiva numerazione. Ho creato già la prima opera bollinata si tratta della scultura Ex labore formula scelta dalla Federlazio come premio annuale da consegnare alle aziende che si sono distinte a livello internazionale nel campo dell’innovazione tecnologica e della qualità».
Nella sua produzione artistica la donna regna sovrana.

Cosa ha rappresentato nella sua vita la figura femminile?
«La donna è l’essere per l’eccellenza, in quanto la sua vita non si esaurisce solo nella realizzazione di un singolo percorso vitale, ma può scegliere di iniziare un percorso non più individuale, in quanto ha il dono di far crescere dentro di sé un’altra vita».

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