«Giotto e il Trecento» è, con il suo costo di tre milioni di euro, una delle mostre più «pesanti» dal punto di vista economico organizzate nel nostro paese, da molti anni a questa parte. Limpegno finanziario della Regione Lazio, del Comune e della Provincia di Roma è stato, in tempi economicamente difficili come quelli che stiamo vivendo, particolarmente significativo, anche se occorre riconoscere il contributo degli sponsor privati, da Gioco del lotto a UnicreditGroup, da Enel al Gestore Servizi Elettrici. Daltra parte, ormai le mostre darte che pullulano nel nostro paese (se ne aprono almeno due al giorno) sono diventate, anno per anno, un forte peso per i bilanci degli enti locali. I costi per lorganizzazione crescono a dismisura soprattutto per le assicurazioni sempre più onerose delle opere darte e per i cataloghi che, spesso e volentieri, finiscono per pesare come vocabolari di greco.
Il problema è naturalmente quello del rapporto fra i costi, che solo in parte sono sostenuti da sponsor privati, e la qualità delle mostre, talvolta marginali o addirittura superflue. Va detto che la mostra romana, allestita al Complesso del Vittoriano fino al 29 giugno, non appartiene a queste ultime, sia per il rilievo di un grande maestro come Giotto sia per la quantità delle opere esposte, ben 145, provenienti da musei stranieri, oltre che dal nostro paese e dalla Città del Vaticano. Si passa, infatti, dallAustria alla Francia, dalla Germania alla Spagna, dallUngheria agli Stati Uniti, presenti con capolavori del Metropolitan di New York, del San Diego Museum of Art, del Worchester Art Museum e del North Carolina Museum of Art di Raleigh.
È facile immaginare quanto siano pesate, nel costo complessivo della mostra, le assicurazioni delle tavole provenienti dai grandi musei americani. Costi impegnativi certamente, ma, come nel caso del Cristo benedicente tra San Giovanni Evangelista, la Vergine, San Giovanni Battista e San Francesco d'Assisi del North Carolina Museum, riscattati da una qualità straordinaria, degna della Madonna con il Bambino tra i Santi e dellAnnunciazione della cattedrale fiorentina di Santa Maria del Fiore.
Naturalmente, in una mostra che aspira a sottolineare linfluenza di Giotto su tutta larte del Trecento, accanto a capolavori del maestro, di Cimabue, di Simone Martini, di Pietro Lorenzetti, e di scultori come Arnolfo di Cambio e Giovanni Pisano, non mancano opere di incerta, discutibile attribuzione e anche di qualità non eccelsa. Un elemento che ha certamente pesato nel costo imponente della mostra è il ponderoso catalogo Skira in due volumi di quasi ottocento pagine, di livello critico troppo specialistico e quindi poco congeniale al grande pubblico, sicuramente attratto dal nome di Giotto. Perché, invece, non è stato ideato anche un catalogo agile e divulgativo per gli appassionati meno esperti?
Il costo di «Giotto e il Trecento» resta da record, ma sono in arrivo mostre altrettanto dispendiose. Due milioni di euro, per esempio, sono previsti per «Letà di Courbet e Monet», che sarà aperta il prossimo settembre in Friuli a Villa Manin di Passariano e che proporrà, accanto ai celebri nomi dellimpressionismo francese, pittori dellEuropa centro-orientale quasi del tutto sconosciuti, che nella seconda metà dellOttocento sono stati attratti dal «faro» parigino.
LA MOSTRA
«Giotto e il Trecento», Roma, Complesso del Vittoriano (via San Pietro in Carcere), fino al 29 giugno. Catalogo Skira. Info: 06 6780664 - 06 6780363.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.