Caserta - Pare che quel caffè non fosse buono. Anzi, qualcuno diceva che era pessimo. Eppure molti bar e ristoranti continuavano a proporlo ai clienti. Di certo non è stato il gusto a far scattare l'operazione "Caffè nero bollente", che ha portato a un arresto e a dieci ordinanze di custodia cautelare in carcere, tra cui una per il capo dell’ala stragista dei Casalesi Giuseppe Setola. L'indagine della squadra mobile è partita dalla perquisizione compiuta nel covo di Trentola Dugenta, dove il superkiller si rifugiò subito dopo la sua evasione a Pavia. Il fedelissimo del boss Francesco Bidognetti imponeva a l’acquisto del caffè Nobis a bar e ristoranti in una vasta area controllata dal grippo, da Trentola Dugenta ad Aversa, da Castelvolturno a Casal di Principe.
Caffè imposto a bar e ristoranti Gli esercizi commerciali dovevano comprare almeno una busta da tre o cinque chili la settimana, prezzo imposto 35 euro l’una. Una estorsione mascherata da regolare fatturazione delle forniture per cui è finito in manette Giuseppe Nobis, 31enne di Aversa.
L’organizzazione C'erano i collaboratori più stretti di Setola nel'organizzazione che si occupava del caffè: da Davide Granato a Giovanni Letizia, Salvatore Santoro e Gabriele Brusciano. Avevano anche registrato il marchio "Nobis Caffè", creato la società e attivato le partite Iva. Peccato che agli acquirenti fosse chiarito che l’acquisto sarebbe stato gradito a Giuseppe Setola, vendite sempre concluse nonostante la pessima qualità della miscela che risultava persino inutilizzabile.
Dalle vittime niente collaborazione Gli inquirenti però non
hanno potuto contare sulla collaborazione delle vittime, ma solo sul ritrovamento nel rifugio del latitante, utilizzato come deposito del caffè, il 25 ottobre 2008 di documenti contabili, fatture, elenchi di clienti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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