Caso Claps, la testimone "Danilo Restivo tradito da quei graffi sul collo"

Una supertestimone: "Il giorno della scomparsa di Elisa vidi Restivo. Era ferito". Il rebus delle chiavi rubate al parroco della chiesa di Potenza

Caso Claps, la testimone 
"Danilo Restivo tradito 
da quei graffi sul collo"

Una puntata di Chi l’ha visto? tutta dedicata al caso Claps. Lunedì sera il programma di Rai3 ha elencato i tanti buchi neri di un’inchiesta nata male e proseguita peggio; inoltre nel corso della trasmissione è stata raccolta una testimonianza che bisognerà verificare: «Danilo Restivo aveva alcuni graffi sul collo il giorno dopo la scomparsa di Elisa Claps. Spero che qualcuno, più coraggioso di me, parli...».
La dichiarazione è venuta da un’ex collega di Maurizio Restivo, il padre di Danilo, il giovane che per ultimo il 12 settembre 1993 vide Elisa Claps nella chiesa della Santissima Trinità di Potenza: la stessa chiesa dove la settimana scorsa è stato ritrovato, nel sottotetto, il cadavere della studentessa sparita 17 anni fa. Un periodo lunghissimo durante il quale le indagini sono state disastrose. Per semplice incapacità degli inquirenti o per qualcosa di più oscuro? Certo risulta incomprensibile come, all’indomani della scomparsa di Elisa, il sospettato numero uno (l’allora ventunenne Danilo Restivo) sia rimasto libero di lasciare la città (andò a Napoli per partecipare a un concorso). Non solo, ma i vestiti sporchi di sangue di Restivo (che sostenne di essersi ferito a una mano a seguito di una caduta accidentale) non furono sequestrati dalla polizia. Altro grave errore: non vennero analizzati i tabulati telefonici della famiglia Restivo. Nonostante poi fosse stato accertato (per stessa ammissione di Restivo) l’ultimo avvistamento di Elisa nella Santissima Trinità, la chiesa non fu mai accuratamente ispezionata. Dei sopralluoghi vennero eseguiti, ma lì, nel sottotetto, non salì nessun poliziotto.
Per scoprire il cadavere - a distanza di 17 anni - c’è voluta un’infiltrazione d’acqua e un operaio che casualmente mercoledì scorso (17 marzo) si è imbattuto in quel corpo rannicchiato in un angolo buio. E poi tante voci in bilico tra presunti depistaggi e leggende metropolitane: dai sospetti sul marito della Pm titolare del caso Claps, alle dimissioni dell’allora capo della Squadra mobile assunto nel management della sanità locale proprio dal marito della Pm. Ma oggi, a Potenza, voci malevole non risparmiano neppure lo storico parroco della Santissima Trinità, don Mimì Sabia, su cui pende il discutibile teorema del «non poteva non sapere...». Chiacchiere velenose, considerato che don Mimì è morto due anni fa ed è quindi nell’impossibilità di difendersi. Insomma, un perfetto capro espiatorio. Si dice: «Per accedere al sottotetto che ha rappresentato la tomba di Elisa, bisognava per forza passare dall’appartamento di don Mimì». Si dimentica però di dire che don Mimì dal 1980 non abitava più in quell’appartamento, essendosi trasferito in un bilocale in via Plebiscito, sempre a Potenza. E poi: «Don Mimì era gelosissimo della propria chiesa...». Falso. Una persona che conosceva benissimo don Mimì spiega al Giornale: «Quando si trattò di ispezionare la Santissima Trinità, don Mimì non si oppose e collaborò con gli inquirenti. Se poi la polizia scientifica si limitò a perlustrare i sotterranei, dimenticandosi di salire sul tetto, la colpa non è di don Mimì...». E il presunto rapporto dei servizi segreti sul prete potentino? Suggestivo, ma fumoso. E l’«improvviso» viaggio di don Mimì a Fiuggi? Nessuna «fuga», ci andava ogni anno e sempre nello stesso periodo. E quel confidente che riferì a polizia e carabinieri: «Cercate Elisa nella Santissima Trinità»? Qui un documento esiste, ma probabilmente non arrivò mai sul tavolo giusto.

È comprensibile il rammarico della famiglia Claps che ricorda come «la Santissima Trinità fu l’unica chiesa cittadina dove non furono suonate le campane in occasione dell’anniversario della scomparsa di Elisa e che don Mimì non volle mai affiggere nella bacheca parrocchiale la foto di Elisa». Altro elemento contraddittorio. Si dice che don Mimì fosse un tipo «chiuso» e poco incline a «stare con i giovani». Ma la sua esperienza pastorale racconta l’opposto: per decenni la Santissima Trinità è stata infatti sede di uno dei centri giovanili più attivi in città. Una comunità costantemente frequentata anche da Danilo Restivo, noto in città per la «stravaganze» di tagliare le ciocche di capelli alle ragazze e per molti altri atteggiamenti borderline. Ma durante l’ultima puntata di «Chi l’ha visto?» è emerso un altro importante dettaglio. A riferirlo è stato un testimone intervenuto in diretta: «Don Mimì mi confidò che qualcuno gli aveva rubato una copia delle chiavi della chiesa sottraendola dal mazzo originale poggiato sul tavole della canonica». La signora Filomena Iemma, la madre di Elisa in collegamento con la trasmissione dagli studi della Rai di Potenza insieme al figlio Gildo, ha rinnovato il suo invito a parlare: «Chi ha visto qualcosa me lo venga a dire». Intanto ieri, nel Policlinico di Bari dove sono stati portati i resti di Elisa, è iniziato l’esame autoptico che, ha detto il professor Francesco Introna, durerà circa trenta giorni.

Il sospettato numero uno resta sempre Danilo Restivo, condannato a due anni e otto mesi dalla Corte di Appello di Potenza per il reato di false dichiarazioni al Pm e coinvolto anche nel delitto di una donna in Inghilterra dove si è trasferito dal 2002. Ora Restivo vive sotto stretta osservazione degli investigatori di Scotland Yard. Per i quali le analogie tra la morte di Elisa e l’uccisione della donna inglese rappresentano più di un indizio di colpevolezza.

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