Roma - Al Quirinale si bussa, ma con il giusto «bon ton istituzionale». Per Gianfranco Fini l’appello dall’opposizione al Capo dello Stato, per un intervento sul caso Visco-Guardia di Finanza, è giusto perché «Napolitano è il comandante delle forze armate e non può dire che la materia non è di sua competenza». Però, sbagliano «i pasdaran del centrodestra che hanno parlato di violazioni della Costituzione, perché la Costituzione non è stata violata».
Il leader di An, intervistato da Lucia Annunziata nella trasmissione di Rai3 «In mezz’ora», spiega la sua posizione facendo i dovuti distinguo con gli alleati dell’opposizione o delle opposizioni. Silvio Berlusconi e Fi, Umberto Bossi e la Lega, insistono sull’appello al Quirinale, ma Pier Ferdinando Casini definisce «ineccepibili» le parole con le quali Napolitano si è tirato fuori dalla faccenda, spiegando che deve risolverli la politica i problemi causati dall’«inaudita» rimozione del comandante della Guardia di finanza, Roberto Speciale. La replica a Casini del leghista Roberto Calderoli è dura: «Si legga la Costituzione».
Ma anche a lui si riferisce Fini quando parla dei «pasdaran della Cdl». Con il leader centrista non condivide, però, la preoccupazione di coinvolgere il Colle nella vicenda, perché Napolitano «deve avvertire il dovere di ascoltare le ragioni dell’opposizione». Fini sostiene che sulla vicenda Visco il governo Prodi ha deciso, con «arroganza», di destituire Speciale «unicamente per salvare se stesso» e superare le divisioni nella maggioranza. E se il generale ha sbagliato, si chiede, perché gli hanno proposto la Corte dei conti? Se poi la prospettiva è di ridare in breve tempo le deleghe a Visco, «siamo alla farsa».
Quanto al dibattito di mercoledì in Senato per il leader di An sarà molto diverso da quello che si preannunciava, perché «non si discuterà più tanto delle deleghe di Visco e del suo rapporto con il comandante Speciale» ma di «quel che è accaduto», delle decisioni del governo. Fini non precisa se sarà ritirata o cambiata la mozione della Cdl.
Comunque, per il centrodestra la questione non è chiusa. Si reclama il dibattito parlamentare, messo in discussione dal premier. «Non so se Prodi comandi ancora nel Consiglio dei ministri, al Senato comandano i senatori e i senatori vogliono fare chiarezza», avverte il vicepresidente di Palazzo Madama, Roberto Calderoli. E l’esponente leghista ricorda che il partito ha la sua mozione per chiedere al governo «di esprimere solidarietà alla Gdf e in particolare a Speciale e agli ufficiali di cui ci si è dimenticati, coinvolti nella vicenda». Roberto Maroni, sempre del Carroccio, avvisa: «Se la vicenda non si risolve con le dimissioni di Visco, per noi il governo non potrà essere un interlocutore credibile sulle riforme».
Potrebbe essere il ministro dell’Economia a parlare mercoledì a nome del governo, ma per il capogruppo di Fi al Senato Renato Schifani, Prodi non può sottrarsi alle sue responsabilità e deve venire personalmente, «anche alla luce della dichiarazione del presidente Napolitano, che a proposito del caso Visco-Gdf ha parlato di decisioni prese dal governo nella sfera delle sue competenze e attribuzioni». Il vicecoordinatore azzurro Fabrizio Cicchitto, poi, solleva dubbi sulla legittimità formale della revoca da parte dell’esecutivo del comandante della Guardia di finanza. «Un atto gravissimo, anzi un autentico vulnus».
Il presidente dei senatori di An, Altero Matteoli, nega che ci sia alcun contrasto di fondo tra le posizioni espresse di Fini, Bossi e Berlusconi.
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