Roma - "La rappresentazione di una magistratura rissosa è disastrosa per l’immagine delle istituzioni della Repubblica". Così la Cassazione critica pesantemente lo scontro, avvenuto nel dicembre scorso, tra le procure di Salerno e Catanzaro sul caso De Magistris, confermando le misure cautelari che la disciplinare del Csm, in gennaio, ha disposto nei confronti di Luigi Apicella, Gabriella Nuzzi, Dionigio Verasani (procuratore capo e pm a Salerno), Enzo Iannelli e Alfredo Garbati (procuratore generale e sostituto pg a Catanzaro).
Le sezioni unite civili della Suprema Corte, nella sentenza numero 15976 depositata oggi, condividono in toto le valutazioni della disciplinare del Csm, censurando "l’illegittima interferenza nell’ambito di un altro ufficio giudiziario" che entrambe le procure misero in atto. Per quanto riguarda, in particolare, le condotte dei magistrati di Salerno, la Suprema Corte ricorda i decreti di perquisizione e sequestro emessi nei confronti dei colleghi calabresi, definendo "incensurabile" l’interpretazione dei fatti fornita dal Csm, secondo il quale tali "controversi provvedimenti" erano "in realtà destinati a prevenire la consumazione di reati nella conduzione delle indagini da parte dei magistrati calabresi", allo scopo di "ricercare la prova di un complotto" nonchè di "sottrarre loro l’inchiesta".
I giudici di piazza Cavour criticano anche la lunghissima motivazione di quei provvedimenti, sposando la tesi del Csm che aveva escluso che "la congerie di dati affastellati fosse effettivamente funzionale allo scopo di giustificare" i decreti di perquisizione e sequestro, inserendo in essi "molti riferimenti a persone estranee al procedimento" senza spiegare "le ragioni della pertinenza".
Per quanto riguarda poi i magistrati di Catanzaro, la Cassazione osserva che "hanno compiuto un atto", con il loro controsequestro degli atti dell’inchiesta Why not e Poseidone, "di ritorsione nei confronti di chi li aveva sottoposti a procedimento penale", mentre "è impossibile negare che sussista un obbligo di astensione in casi simili". Certo, "l’illecito commesso dai magistrati salernitani - osserva la Suprema Corte - non può legittimare la reazione altrettanto illecita dei magistrati calabresi. Se si voleva denunciare l’abusiva sottrazione di un procedimento da parte dei magistrati salernitani, si sarebbe dovuto richiedere al procuratore generale presso la Corte di Cassazione la risoluzione del contrasto".
Abnorme, quindi, viene definito il sequestro disposto da Iannelli e Garbati che "costituì indebita interferenza nell’attività giudiziaria dei magistrati salernitani - si legge ancora nella sentenza - che era essa stessa abnorme e illecita, ma andava contrastata con atti legittimi". Infatti, secondo gli "ermellini", "non è affatto vero che non possono essere considerate illecite entrambe le condotte contrapposte: reciproche illecite aggressioni possono dar luogo a una rissa, che è prevista come delitto a carico di tutti i parteci".
La Suprema Corte, infine, critica anche la condotta tenuta dal pg di Catanzaro, Iannelli durante una conferenza stampa tenuta all’indomani dei provvedimenti della procura di Salerno: "Non competeva a Iannelli - scrivono i giudici di piazza Cavour - censurare il
comportamento dei magistrati che si presentavano come suoi antagonisti", ed è "palese la lesione dei diritti dei magistrati salernitani che, come tutti i cittadini hanno interessi tutelabili anche quando versano nell’illecito".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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