Bestiole aiutateci, da soli non siamo capaci di avere rapporti umani facili. E poi, i veri newyorkesi siete voi, ben più di noi che in città ci aggiriamo fragili e malmostosi. Parola di Cathleen Schine, romantica e leziosa scrittrice per signore beneducate, che con I newyorkesi (Mondadori, pagg. 284, euro 17,50, traduzione di Stefano Bortolussi) racconta una storia buonista e malinconica. Come ben sa chiunque frequenti con cani o bambini gli spazi verdi di qualsiasi città del mondo, si entra a far parte di una comunità di affini, venendo a contatto con persone di cui altrimenti non si noterebbe lesistenza. Qui siamo nellUpper West Side, in un isolato tranquillo e un po trascurato, e non casualmente popolato da cani, data la vicinanza a Central Park. Persone sole con vite normali, qualche raro eccentrico, in generale tipici abitanti di Manhattan che conducono esistenze di operoso isolamento metropolitano. Grazie ai loro cani riescono a stabilire rapporti che diventano importanti. I quadrupedi fanno da cupidi per i loro padroni, in quasi tutti i casi fino a quel momento rassegnati a vite di abitudine.
La Schine si mette alla finestra con occhio fin troppo partecipe, e segue un anno nella vita dellinsegnante di musica Jody, con il suo colpo di fulmine per il solitario cinquantenne Everett, e poi la sua relazione con lappartato assistente sociale Simon. Everett nel frattempo si accompagna alla molto più giovane Polly, reduce dalla tormentata fine di un amore, tutta impegnata a manipolare il fratello George verso una convivenza nellappartamento che ha appena occupato e dove ha trovato un cucciolo rimasto orfano del vecchio locatario, appena suicidatosi. Potere dei veri amici delluomo, Everett si scoprirà più innamorato di Howdy che della sua padrona Polly, George per gli animali rivelerà un talento da professionista che trasformerà in lavoro, e linsopportabile professoressa Doris, macchietta di quartiere intollerantissima nei confronti dei cani, dopo aver combattuto la sua crociata personale si innamorerà di un cucciolo e subirà la dovuta metamorfosi.
Perché la Schine, non cè dubbio, parla a un pubblico di adoranti adepti della caninità come lei e nel ritrarre i luoghi e la comunità come non potessero avere lo stesso senso se privati dei cani, talvolta sembra quasi impoverirli. Lo stile è sempre quello elegante e sornione della Lettera dAmore che lha fatta conoscere e amare dal pubblico, e questa missiva appassionata a New York non lo deluderà.
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