Quando a febbraio del 2013 si sparse la notizia delle dimissioni di papa Ratzinger a padre Federico Lombardi, direttore della sala stampa vaticana, furono subito chiesti i precedenti. Il sacerdote però riuscì solo a ricordare Celestino V, mentre in realtà altri quattro avevano lasciato il soglio prima di lui e un altro lo farà in seguito. Celestino V rimase però il più «celebre» tra i pontefici «dimissionari», decisione presa dopo poche settimane di governo: eletto il 5 luglio 1294, consacrato il 29 agosto infatti lasciò il trono di Pietro il 13 dicembre.
«Poscia ch'io v'ebbi alcun riconosciuto, vidi e conobbi l'ombra di colui che fece per viltade il gran rifiuto» scrive Dante Alighieri nel III canto del primo libro, quello che descrive il girone dell'Antinferno, dove gli ignavi sono condannati a inseguire una bandiera, tormentati da vespe e mosconi. Pur non essendo nominato, il personaggio in questione sarebbe appunto Celestino V, nato Pietro Angelerio probabilmente il 1209 a Isernia o Sant'Angelo Limosano. Sentì subito la vocazione religiosa che lo portò prima a soggiornare in un convento benedettino quindi a ritirarsi in una caverna sul Monte Morrone, sopra Sulmona. Presi i voti nel 1241, passò gran parte della sua vita in meditazione e preghiera, e in breve si sparse per l'intera Europa la fama della sua santità. Aveva già superato gli 80 anni quando nel 1292 morì papa Nicola IV e i cardinali si riunirono per nominarne il successore. Ma tra lotte intestine, ed epidemie di peste che provocarono la sospensione del conclave per quasi un anno, si arrivò alla primavera del 1294 senza il nome del nuovo pontefice. Intanto Carlo d'Angiò re di Napoli premeva perché aveva bisogno di «un papa» che ratificasse il trattato stipulato con Giacomo D'aragona per ereditare alla sua morte la Sicilia. Giungendo persino a fare irruzione nella sede del conclave a Perugia. I cardinali capirono che dovevano fare presto magari indicando un papa di transizione, anziano e facilmente manipolabile. La scelta cadde dunque sul vecchio asceta, che fu raggiunto in una grotta dove era in perenne meditazione.
Pietro da Morrone accettò, dimostrando però immediatamente di essere una santa persona, ma del tutto inadatta al ruolo, visto che non conosceva nemmeno il latino, costringendo così la Curia a esprimersi in «volgare». Fece rapidamente precipitare l'amministrazione in uno stato di gran confusione, giungendo persino ad assegnare il medesimo incarico a più persone. Nonostante la «saggia» guida del cardinal Benedetto Caetani, Celestino V dopo pochi mesi ne ebbe abbastanza e rassegnò le dimissioni. Così facendo però, spalancò proprio allo stesso porporato la strada al trono di Pietro, su cui salì il 25 gennaio 1295 con il nome di Bonifacio VIII. Il nuovo pontefice, come primo atto, fece arrestare il vecchio monaco che, avendo fiutato l'aria aveva cercato di fuggire in Grecia. Celestino V fu quindi confinato nella rocca di Fumone, in Ciociaria, proprietà dei Caetani, dove morì il 19 maggio 1296. Qualcuno sospetta per mano dell'astuto Bonifacio, ancora oggi accusato di aver manovrato il conclave per eleggere l'anziano benedettino solo per avere tempo di consolidare il suo potere. E una volta certo di poter essere eletto, di averlo costretto alle dimissioni per poi imprigionarlo e farlo assassinare.
Molto controversa, la sua figura ha diviso gli studiosi, anche se il durissimo giudizio di Dante è forse quello che in questi sette secoli ha maggiormente perseguitato il vecchio monaco. E questo ne ha fatto forse il papa «dimissionario» più famoso della storia, nonostante nella vita della Chiesa altri abbiano preso la stessa decisione. Come Clemente, in carica dall'88 al '97, Ponziano, 230-235, Silverio, 536-537, Benedetto IX, 1032-1045, e Gregorio XII, 1406-1415. Nessuno però per motivi ideali, qualcuno vendette la carica, altri furono vittime di pressioni politiche, congiure di palazzo o scismi religiosi.
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