"Censurare il rap è un errore Inizio un'altra fase"

Intervista a Emis Killa. L'artista celebra i 15 anni di carriera con un concertone a Milano in settembre

"Censurare il rap  è un errore Inizio un'altra fase"
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Emis Killa, concertone a bruciapelo.

«Festeggio 15 anni di carriera, è una buona occasione alzare l'asticella».

A Fiera Milano il 2 settembre.

«Ci saranno almeno quindici ospiti, tra i quali J Ax, Salmo, Lazza, Geolier, Sfera Ebbasta, Jake La Furia. E ci saranno due palchi per una celebrazione a 360 gradi del mondo hip hop».

Ora va di moda suonare a San Siro.

«È un rischio che tanti si prendono ma non a tutti riesce bene».

Più che celebrazioni, i concerti come il suo rischiano di diventare autocelebrazioni interminabili.

«Non sono di quelli che fanno 4 ore di show. Ogni ospite avrà pure uno spazio per le proprie canzoni».

Quando ha iniziato da adolescente, «qui a Vimercate eravamo in tre a fare rap». Tra di loro Emis Killa, ossia Emiliano Giambelli classe 1989, è l'unico ad aver aiutato il genere a diventare davvero mainstream. Allora era musica di nicchia, almeno qui in Italia. Ora è centrale, praticamente tutto il mondo è rap. Madre operaia, padre musicista, Emiliano-Emilietto-Emis vince il concorso di freestyle Tecniche Perfette, poi pubblica mixtape, Ep e remix fino a firmare L'erba cattiva, l'album che nel 2012 resta 3 mesi nella Top20 e lo consacra. Da allora è una processione di collaborazioni, di dischi (di canzoni e di platino) e pure di tv visto che nel 2016 è stato coach di The Voice of Italy insieme con Raffaella Carrà, Dolcenera e Max Pezzali. Insomma, è stato un vero rapper quando non era di moda esserlo ed è un rapper vero oggi in mezzo a tanti rapper di passaggio. «Sono stato ispirato da Bassi Maestro e dal Fabri Fibra prima del grande successo anche se Mi fist dei Club Dogo è il disco che mi ha portato davvero a rappare» dice adesso a 35 anni, capello biondo e abbondanza di tatuaggi, in un bel locale della sua Vimercate.

Ha appena pubblicato Sexy Shop, brano tormentone con Fedez, eppure Fedez non è tra gli ospiti annunciati del suo concertone.

«Stiamo capendo se ci sarà. Durante Battiti Live mi ha detto di sì, ma è tuttora in forse».

Il brano è stato pubblicato proprio a ridosso delle polemiche sulla presunta rissa di Fedez.

«E io mi sono detto: Proprio adesso doveva succedere?. Comunque Fedez è un caro amico ma io non sono responsabile di ciò che fa senza di me. In ogni caso il pezzo sta andando molto bene».

Com'è l'hip hop oggi?

«Diciamo che oggi la musica si assomiglia un po' tutta, c'è tanta contaminazione. Mi manca molto l'ambiente degli esordi, mi manca quel senso di aggregazione, non si parlava mai di soldi. Ora fare rap e combinare tutte le esigenze è difficilissimo».

Lei è stato tra i primi a fare successo.

«Ma adesso quando sento le cifre che prendono questi nuovi ragazzi mi chiedo: Ma non potevo arrivare dieci anni dopo?». (sorride - ndr)

Fare successo in fretta è una colpa?

«Non sono un talebano, non dico che tutti devono fare la gavetta. Di certo mi dispiace che artisti bravi poi non sappiano come comportarsi nei concerti. Loro non si sono fatti le ossa nelle birrerie con gli impianti che si rompono all'improvviso...».

La violenza e la misoginia dei testi rap sono spesso sotto accusa.

«Non mi piace che la politica non capisca da dove arriva il disagio che questi testi spesso esprimono. E non credo che la censura sia un modo di risolvere questo problema. È anche vero che una fetta di italiani non accetta il rap. E, più ci si sente ignorati, più si reagisce. Mio padre diceva che, a furia di schiacciare una molla, poi scoppia».

I concerti celebrativi sono una sorta di bilancio e di apertura di una nuova fase.

«Ho fatto un reset generale anche con il mio team di lavoro, sto facendo nuova musica, si è aperta un'altra fase. Forse tempo fa non avrei neanche fatto questo brano con Fedez».

Ci sono rimpianti?

«Beh forse non avrei dovuto essere umanamente rispettoso di persone che non lo meritavano. E sarei stato più cauto a fare quella sorte di conversione a U dopo la popolarità televisiva e brani come Maracanã (sigla di Sky Sport per i Mondiali di calcio 2014 - ndr)».

E ora?

«E ora potrei anche tornare a guardare il cosiddetto mainstream, non ho più bisogno di dimostrare che so rappare».

C'è Sanremo nel futuro?

«Beh, Carlo Conti mi sta simpatico...».

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