Il centro arredi alle porte di Roma

RomaA Massimina, alle porte della Capitale, la felicità è una poltrona «in tessuto con cuscino poggiareni, struttura in legno a vista verniciato in cera». Un oggetto che non passa inosservato, firmato da un noto stilista, 1350 euro pagabili in dieci mesi a tasso zero. Il mobilificio Castellucci da quarant’anni - molto prima dell’era Ikea - arreda le case dei romani e tutt’ora è tra i più visitati dalle coppie di fidanzatini con in mano fogli a quadretti con la pianta del soggiorno da riempire, della cucina da attrezzare. Come loro qui Fini e la Tulliani sono venuti a scegliere alcuni mobili per la casa di Montecarlo, approfittando anche loro del coffee point pensato per il ristoro dei clienti (non saranno le polpettine svedesi, ma pazienza) e del «comodo e capiente parcheggio a voi riservato», come decanta il sito internet del mobilificio. Che poi, a Massimina, al chilometro 13,800 dell’Aurelia, il parcheggio non è certo un problema. Per la Smart, poi.
Non è un giorno come gli altri, qui da Castellucci, negozione stipato tra ingrossi di abbigliamento, carrozzerie, un ristorante da pranzi di cresime «schizzacravatte» e i locali della Chiesa cristiana evangelica «Gesù Cristo è il Signore» che promette la salvezza dell’anima ma è chiusa per ferie. Dicevamo di Castellucci arredamenti. Dentro il casermone postmoderno bianco e verde che sembra un monumento agli anni Ottanta, tra letti, divani e tappeti «grandi marche», ci si sente un po’ sotto assedio. Dalla mattina al pomeriggio - pausa pranzo esclusa: dalle 13 alle 15.30 qui si chiude e chi s’è visto s’è visto - i giornalisti non danno tregua. Tutti a caccia del racconto di quel giorno del 2009 che Gianfry e la Ely vennero a contrattare l’acquisto della cucina e la spedizione per Montecarlo. Ma niente. Anche la troupe di un Tg finisce respinta con perdite. La litania dei dipendenti è sempre la stessa: «Non confermiamo e non smentiamo, i titolari sono in ferie, non abbiamo niente da dire, fateci lavorare per favore». Anche se di lavoro ce n’è davvero poco, in verità: l’antivigilia di Ferragosto chi va a curiosare tra camerette ed elettrodomestici da incasso?
Per sentire una musica diversa bisogna telefonare a qualche ex dipendente del mobilificio. Come E. N., arredatore di Castellucci all’epoca della visita di Fini e compagna, che qualche giorno fa ci aveva confermato di aver lavorato a un «appartamento di Montecarlo». A lui Fini avrebbe autografato un libro nel corso di una sua visita al mobilificio. Ricontattato dal Giornale ieri, l’uomo appare spaventato del bailamme provocato dalla vicenda: «Non voglio avere a che fare con certe situazioni, chi ha sbagliato paghi, io non so nulla, non le posso dare conferme». Un’amnesia fulminante, capace di far dimenticare all’arredatore quanto dettoci nel corso di una telefonata da noi registrata lo scorso 3 agosto: «L’anno scorso ho iniziato a realizzare dei progetti per quanto riguarda dei mobili che andavano consegnati a Montecarlo, però francamente stiamo parlando di un anno e mezzo fa».

E per chi erano questi progetti? «Non so a chi facevano fede i progetti e a chi fossero destinati, io ho solo seguito la progettazione di alcune cucine, però siccome lavoro ai terminali, ai computer non so poi nello specifico quelle cucine a chi erano destinate. Io non sono stato a Montecarlo, lavoro su pianta. Mi occupo solo del design, creo delle soluzioni che vengono poi vendute». Qui c’è aria di scheletri negli armadi. Armadi «grandi marche», naturalmente.

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