Macché razzisti e inospitali: lo straniero fa la dolce vita

Lo certifica il Mipex: sull'accoglienza siamo tra i Paesi più virtuosi del mondo

lcuni profughi ospitati nell'hotel di Venturina (Foto Il Tirreno)
lcuni profughi ospitati nell'hotel di Venturina (Foto Il Tirreno)

L'Africa che si svuota e riempie l'Italia di barconi o l'est Europeo meno raccomandabile che si trasferisce per tramandarci peculiari tradizioni nazionali sono problemi relativi. Populismo di bassa Lega, qui non attacca. Razzisti noi? Neanche per sogno. A differenza dei russi e dei tedeschi non ci sentiamo i migliori e, alla fine, diamo una mano, un medico e un lavoro (che gli italiani non vogliono più fare) a quasi tutti. Siamo fatti così.

Una realtà certificata dal Mipex, il più autorevole indicatore mondiale che compara quello che i governi fanno per promuovere l'integrazione dell'immigrato disagiato. E l'Italia si piazza piuttosto bene: tredicesima su 38 paesi, con un totale di 59 punti in una scala che va da 0 a 100 che ci colloca al di sopra della media generale dei 28 paesi dell'Unione Europea (51 punti) e in linea con la media (60 punti) dei 15 paesi Ue prima dell'allargamento del 2004. Scorriamo la classifica, precediamo paesi importanti come la Francia (diciassettesima), l'Irlanda (diciannovesima), l'Austria (ventesima), la Svizzera (ventunesima), la Spagna (trentesima). L'indagine è stata presentata ieri mattina all'Università degli Studi Milano Bicocca. Che dire? Da noi l'immigrato si inserisce meglio che altrove, se si fa male lo curano, se vuole guadagnare lavora, se vuole studiare avrà un professore. Eppure chi arriva qui si lamenta dell'italiano razzista e dice di essere solo di passaggio. Chissà. Lo studio mette a confronto le politiche di 38 nazioni in materia di immigrazione e integrazione. L'analisi prende in considerazione i comportamenti di tutti i paesi della Comunità Europea, più l'Australia, il Canada, l'Islanda, il Giappone, la Nuova Zelanda, la Norvegia, la Corea del Sud, la Svizzera, la Turchia e gli Stati Uniti. Come nella precedente edizione, Mipex ha preso in esame - attraverso 114 indicatori che richiamano scelte di politica e prassi amministrativa - otto diverse aree di interesse, che sono: mercato del lavoro; ricongiungimento familiare; istruzione; assistenza sanitaria; partecipazione politica; accesso alla cittadinanza; residenza permanente e antidiscriminazione. Ma veniamo al dunque. Dallo studio emergono aree in cui l'Italia eccelle. Innanzitutto la salute. Da noi c'è un accesso garantito alle strutture sanitarie, all'assistenza e ai diritti fondamentali della salute, mal di pancia compreso. Cose che negli altri Paesi possono solo sognarsi e che ingolfa paurosamante i nostri policlinici metropolitani. In questo settore il punteggio raggiunto dall'Italia è ben superiore sia alla media generale dell'Ue a 28 (+23 punti), sia a quella della Ue a 15 (+13). Siamo messi bene anche alla voce ricongiungimenti familiari, qui riusciamo a segnare un +11 rispetto alle due medie. Bene anche la residenza di lungo periodo (rispettivamente +4 e +1), cioè la tendenza degli immigrati a fermarsi e a radicarsi nei paesi ospitanti. Si tratta di un punto di forza tipicamente italiano che può essere visto come un primo gradino nel processo che dovrebbe poi portare all'acquisizione della cittadinanza. Punti critici sono l'area relativa all'istruzione (-3 e -15 punti rispetto all'Ue 28 e a 15), settore in cui l'Italia sembra non riuscire a contrastare la dispersione scolastica e l'antidiscriminazione (-2 e -7). A metà fra le due medie si colloca il mercato del lavoro (+9 rispetto a Eu 28 e -2 rispetto all' Eu a 15) rispetto al quale la ricerca fa emergere problemi comuni anche a molte altre nazioni.

Questa edizione (che vede la

Fondazione Ismu nel consueto ruolo di compilatore e coordinatore della rilevazione della realtà italiana) è stata curata congiuntamente dal Cibob (il Barcelona Centre for International Affairs) e dal Mpg (Migration policy group).

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