La storia si ripete e c’è sempre qualcuno pronto a difendere una causa, un valore, una persona. Così è accaduto anche per Cesare Battisti. Mentre in Italia è pressocché unanime la condanna nei confronti della decisione del Supremo tribunale federale brasiliano, che ha rigettato prima il ricorso del governo italiano e deciso poi per la liberazione del terrorista dei Pac, torna alla mente un appello, firmato da uno stuolo di scrittori, poeti, intellettuali e politici. Battisti era stato appena arrestato e la rivista letteraria Carmilla, l’11 febbraio 2004, lancia immediatamente una richiesta di adesioni per la liberazione di Battisti. Nell’appello, tra le altre cose c’è scritto: “Dal momento della sua fuga dall’Italia, prima in Messico e poi in Francia, Cesare Battisti si è dedicato a un’intensa attività letteraria, centrata sul ripensamento dell’esperienza di antagonismo radicale che vide coinvolti centinaia di migliaia di giovani italiani e che spesso sfociò nella lotta armata. La sua opera è nel suo assieme una straordinaria e ineguagliata riflessione sugli anni ’70, quale nessuna forza politica che ha governato l’Italia da quel tempo a oggi ha osato tentare”.
E poi ancora: “La vita di Cesare Battisti in Francia è stata modesta, piena di difficoltà e di sacrifici, retta da una eccezionale forza intellettuale. E’ riuscito ad attirarsi la stima del mondo della cultura e l’amore di una schiera enorme di lettori. Ha vissuto povero ed è povero tuttora. Nulla lo lega a “terrorismi” di sorta, se non la capacità di meditare su un passato che per lui si è chiuso tanti anni fa. Trattarlo oggi da criminale è un oltraggio non solo alla verità, ma pure a tutti coloro che, nella storia anche non recente, hanno affidato alla parola scritta la spiegazione della loro vita e il loro riscatto”. Insomma, per I sostenitori dell’appello, la parola criminale non si addice a Battisti, piuttosto bisogna focalizzarsi sulla sua straordinaria forza intellettuale, sulla capacità di adattarsi a una vita fatta di stenti e sull’ineguagliata consapevolezza e rivisitazione del suo passato.
Di qui la parte finale è un elogio alla persona di Battisti: “Noi vorremmo che i cittadini francesi capissero chi rischiano di perdere, per la vigliaccheria dei loro governanti: un uomo onesto, arguto, profondo, anticonformista nel rimettere in gioco fino in fondo se stesso e la storia che ha vissuto. In una parola, un intellettuale vero. Ci auguriamo che la Francia non sia cambiata tanto da tacere di fronte a un simile delitto”. La Francia non ha commesso questo “delitto”, perché Battisti ha deciso di scappare e di rifugiarsi in Brasile. E ora sappiamo che nemmeno il Brasile si è macchiato del “delitto” di cui parlava l’appello. Quello che invece sappiamo sono I nomi delle persone che vergarono l’appello. In una settimana le firme si sommarono con una velocità strepitosa, arrivando a raggiungere le 1500. Firme autorevoli, come quelle di Wu Ming, Valerio Evangelisti, Massimo Carlotto, Tiziano Scarpa, Nanni Balestrini, Daniel Pennac, Giuseppe Genna, Giorgio Agamben, Vauro, Lello Voce, Pino Cacucci, Loredana Lipperini, Marco Philopat, Gianfranco Manfredi, Laura Grimaldi, Antonio Moresco, Carla Benedetti, Stefano Tassinari. Persone pronte a scommettere sull’innocenza di Battisti o sull’ingiustizia da lui subita. Massimo Carlotto (uno dei firmatari) ad Affaritaliani.it per esempio dichiarò qualche anno dopo: "L'ho conosciuto e non credo sia colpevole. Il suo processo è da rifare. Non rinnego la mia firma a quell'appello". Dello stesso parere lo scrittore Gianni Biondillo : "Quell'appello lo rifirmerei anche oggi, non ho cambiato idea. Il problema per me non è mai stato quello di difendere Battisti a nome di una presunta lobby. Non mi sostituisco certo ai giudici, non è il mio mestiere. (...) A un certo punto determinati discorsi vanno chiusi, prima o poi la storia deve finire...". Valerio Evangelisti, primo firmatario, ne parlò in questi termin: “No, non sono disposto a scaricarlo soltanto perché è in atto una campagna mediatica contro di lui. È un povero diavolo. Una persona simpatica. E anche se l'appello per la sua liberazione non è più attuale, io sottoscrivo ancora ogni parola”.
Tra i firmatari figurava anche un ventiquattrenne napoletano, Roberto Saviano, ancora sconosciuto, che però tempo dopo e raggiunta la fama mondiale con Gomorra, si affrettò a ritirare la firma motivando la sua decisione in questo modo: “Mi segnalano la mia firma in un appello per Cesare Battisti (...) Finita lì per chissà quali strade del web e alla fine di chissà quali discussioni di quel periodo. Qualcuno mi mostra quel testo, lo leggo, vedo la mia firma e dico: non so abbastanza di questa vicenda (...) Chiedo quindi a Carmilla di togliere il mio nome, per rispetto a tutte le vittime”. Tra i politici chi non ha cambiato idea, almeno fino a poco tempo fa, è il verde Paolo Cento che dichiarò: «Troppo facile togliere la firma adesso sull' onda dell' emotività. Non ho particolare stima per la persona Battisti. La sua vicenda, tuttavia, esprime una delle fasi più drammatiche del nostro paese. Ho sempre sostenuto che la vendetta postuma ha poco a che fare con la giustizia”.
Poco tempo fa, Tiziano Scarpa, uno dei firmatari, spiegò così la sua adesione: “L' impressione era che stessero schiacciando un uomo con prove processuali alquanto dubbie. La lotta armata non mi appartiene, né per generazione né per carattere.
Ma aggiungo: a cosa servono gli scrittori se non a prendere posizione sulle cose scomode?”. Serviranno pure a questo, gli scrittori, però chi glielo spiega ai familiari delle vittime che Battisti, condannato all’ergastolo per quattro omicidi ora gira libero e felice per le strade del Brasile?- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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