La Cgil fa la festa al Professore e alza il prezzo su lavoro e Irak

Al congresso del sindacato, il leader dell’Unione viene accolto dagli applausi, ma la sinistra interna lo critica per la posizione ambigua sulla guerra. Tra le richieste «scomode» l’abrogazione della legge sulla flessibilità

Antonio Signorini

nostro inviato a Rimini

Doppia standing ovation, abbracci e anche l’augurio ufficiale, «di vincere e cacciare la destra dal governo del Paese». Al XV congresso della Cgil è stata la giornata di Romano Prodi. L’appuntamento più politico di un congresso molto politico. Forse un po’ troppo, come si sente mugugnare tra quei delegati che già nei giorni scorsi avevano ribattezzato l’assise, «Aspettando Prodi». E il candidato premier dell’Unione è arrivato alla Fiera di Rimini, in tarda mattinata, soprattutto per incassare l’apertura di credito che il segretario generale Guglielmo Epifani ha tributato alla sua candidatura e al programma della coalizione di centrosinistra.
Ma la festa di ieri è stata parzialmente rovinata da chi ha cominciato a criticare il Professore, ad esempio per non avere risposto ai tanti che gli hanno chiesto una parola chiara sul ritiro delle truppe italiane dall’Irak. E oggi la «sintonia» potrebbe essere ulteriormente compromessa se, come sembra, il documento finale che uscirà dal congresso conterrà delle aggiunte tanto care alla sinistra interna del principale sindacato italiano quanto scomode per chi si prepara ad indossare il doppiopetto governativo. Come la richiesta di «cancellazione» della Legge Biagi al posto del superamento, come era scritto nelle tesi unitarie portate al congresso da Epifani (oltre che nel programma dell’Unione).
La sintonia tra Prodi e il segretario generale è fuori discussione. «Senza neanche bisogno di discutere molto abbiamo raggiunto lo stesso tipo di conclusione», ha riconosciuto il candidato premier della sinistra, dopo aver raccolto l’invito del leader della Cgil a «riprogettare l’Italia». Prodi rileva la «concordanza» tra le quasi trecento pagine di programma dell’Unione e le «ricette» della Cgil. Comune la ricetta sull’eredità negativa del governo Berlusconi che nelle parole di Romano Prodi diventa il «disastro finanziario» con il quale «purtroppo dovremo fare i conti e che condizionerà il nostro operato». Una premessa per far digerire al sindacato scelte lacrime e sangue? Prodi assicura di no e ancora una volta fa una concessione a Epifani escludendo la «politica dei due tempi» che aveva accompagnato l’accordo del ’93: prima il risanamento e poi lo sviluppo. La polemica sull’autonomia dalla politica, cara soprattutto alla Cisl di Savino Pezzotta, è liquidata con la richiesta alla Cgil di essere un sindacato «forte, esigente, responsabile e autonomo». Ma anche «portatore di doveri» e di «una nuova etica della responsabilità», impegnato su «obiettivi generali e condivisi».
La promessa ai delegati del XV congresso della Cgil è far crescere la «coesione sociale» anche con una «lotta feroce» all’evasione fiscale, l’aumento delle imposte sulle rendite finanziarie, escludendo i «piccoli patrimoni frutto di risparmio familiare», e con il taglio di cinque punti del costo del lavoro, «a beneficio sia delle imprese che dei lavoratori». La concessione più importante di Prodi riguarda l’immigrazione: «Chi nasce in Italia deve essere considerato cittadino italiano a tutti gli effetti», ha scandito il Professore. Più sfumati gli impegni sulla Legge Biagi. Prodi ha spiegato alla platea che bisogna attenuare «di molto la convenienza dei contratti atipici». Ha precisato che il precariato si combatte sì modificando la «legge 30», ma anche ricorrendo ad altri strumenti legislativi. Poi ha detto che la riforma del ministro Letizia Moratti deve essere «radicalmente cambiata». Troppo poco per i molti delegati che, proprio negli interventi immediatamente precedenti, avevano chiesto l’abolizione della Biagi e delle riforme di scuola, università e ricerca. Ma a pesare è stato soprattutto il totale silenzio sull’Irak. Diversi sindacalisti, a partire dal segretario della Fiom Gianni Rinaldini, intervenuto poco prima di Prodi, hanno chiesto l’immediato ritiro delle truppe italiane da Bagdad e anche dall’Afghanistan. Senza queste scelte, ha avvertito l’esponente della sinistra interna, «il disagio sociale cresciuto in questi anni non è detto che abbia uno sbocco politico predeterminato». Diversi interventi del pomeriggio, successivi al discorso di Prodi, hanno fatto emergere l’insoddisfazione di parte della Cgil. «Ci sono delle leggi che devono essere cancellate, senza ricorrere troppo al politichese», ha detto Giorgio Cremaschi, altro esponente della Fiom. L’insoddisfazione della sinistra interna non investe solo il candidato premier dell’Unione.

Anche il «patto di legislatura» proposto da Epifani finisce nel mirino di Cremaschi. «I patti di legislatura li fanno i partiti. Noi sindacalisti abbiamo altri strumenti. E se poi il governo non sta ai patti, cosa facciamo? Gli togliamo la fiducia?».

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