La Cgil rompe con tutti: sindacati e industriali

Il successore di Cofferati: «Giustizia da ripristinare nel nome del principio che chi più ha, più paga. La riforma del lavoro? Meglio occuparsi di altri temi»

nostro inviato a Rimini
Condanna senz’appello del governo Berlusconi e un sì convinto al programma dell’Unione. Un’adesione senza riserve, fatta eccezione per qualche accento di sinistra come il tifo per un fisco che colpisca i redditi medio-alti, il superamento della legge Biagi e l’addio alla riforma Moratti della scuola. Il XV congresso nazionale della Cgil si è aperto ieri a Rimini all’insegna della politica. E con un unico interlocutore: il centrosinistra e il suo leader Romano Prodi. Nella relazione di apertura, il segretario Guglielmo Epifani ha puntato tutto sull’apertura di credito al Professore: il governo di centrodestra «ha lasciato cadere qualsiasi volontà di dialogo». Gli ultimi cinque sono stati «anni persi». Quindi la proposta che uscirà dalla quattro giorni di Rimini, verrà avanzata «innanzitutto al centrosinistra, allo schieramento dell’Unione, alla vigilia delle elezioni legislative».
Epifani ha anche mostrato di avere superato ogni paura di spaccare il fronte sindacale, tanto da aprire il suo intervento con la celebrazione del punto più basso dei rapporti con Cisl e Uil, cioè la manifestazione di Roma del 23 marzo 2002, organizzata da Sergio Cofferati (applauditissimo dai delegati). E tanto da ricordare la lettera con i suggerimenti per il programma che la sua confederazione mandò a Prodi, suscitando l’ira della Uil e, soprattutto, del segretario della Cisl, Savino Pezzotta. «Oggi che il programma dell’Unione è stato varato, la Cgil può dire di trovarvi una risposta positiva a quella lettera. Di scoprirvi una valutazione dello stato del Paese comune». In altre parole, la Cgil ha vinto e chi in questi anni ha sventolato la bandiera dell’autonomia del sindacato rispetto alla politica ha perso. Ora Epifani restituisce il favore al centrosinistra attribuendo all’Unione una «responsabilità storica», cioè la «ricostruzione del Paese».
Poi il sindacato della sinistra guarda avanti e rilancia quella che nei progetti di corso Italia dovrebbe diventare la futura concertazione: un «accordo di legislatura» tra sindacati e governo. Un accordo simile a quello del ’93, dal quale Epifani ha voluto escludere ogni impegno del sindacato per quanto riguarda il risanamento dei conti pubblici. Nel merito delle proposte, Epifani conferma e precisa la natura del «patto fiscale»: occorre «ripristinare una giustizia nel nome del principio che chi più ha, più paga». In altre parole, oltre alla lotta all’evasione, alla rinuncia ai condoni e all’armonizzazione delle imposte sulle rendite, devono essere eliminati i tagli delle tasse sui redditi più alti. Via anche l’abolizione della tassa di successione per i redditi più alti che è un’idea «un po’ da ancien régime». Tutto questo perché «è fallito» il disegno «di far ripartire il Paese con la riduzione delle imposte».
Molto più attraente il modello dei Paesi scandinavi dove convivono investimenti, innovazione e «alte tasse». Pollice verso per la riforma Moratti, che dovrà essere sostituita da qualcosa di nuovo. E anche rispetto alla «legge 30» (così la sinistra chiama la riforma Biagi del lavoro), occorre «andare oltre». Decisamente più sfumata la parte propriamente sindacale dell’atteso intervento di Epifani. Sui contratti, il leader della Cgil ha ribadito la centralità di quello nazionale «la forma più moderna ed efficace per regolare norme, diritti e doveri». E a chi in questi giorni ha continuato a chiedergli più coraggio sulla riforma, spiega che è meglio «andare avanti sugli altri temi». Una chiusura così netta non se l’aspettavano nemmeno gli interlocutori più disincantati della Cgil. A partire da Confindustria: «Mi sembra che si sia messa una serie barriere e ostacoli che sono quasi insormontabili. Il tavolo si allontana», ha commentato il vicepresidente degli industriali Alberto Bombassei.
I segretari generali di Cisl e Uil, Pezzotta e Angeletti, replicheranno oggi, ma già ieri è emersa l’insoddisfazione dei loro vice: «Epifani ha posto un nuovo blocco», ha detto il numero due della Cisl, Pierpaolo Baretta. Per il suo collega Uil, Adriano Musi, ora «è più complesso il dialogo unitario». Più positivo il giudizio di Renata Polverini, leader dell’Ugl, il sindacato di destra per la prima volta invitato ad un congresso Cgil. Nel mondo politico, oltre all’entusiasmo di tutto il vertice Ds, Massimo D’Alema e Piero Fassino in testa, emerge qualche dubbio tra i moderati. L’ex ministro Tiziano Treu se la cava con un apprezzamento per «l’europeismo» di Epifani, mentre Beppe Villetti della Rosa nel pugno chiede «più coraggio».

Distinguo anche nella sinistra dell’Unione. Il segretario del Prc Fausto Bertinotti dà una valutazione positiva delle parole di Epifani. «Un intervento da Spd stile Lafontaine. Un ritorno al classico, in discontinuità con quanto successo negli ultimi 25 anni».

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