MA CHE CI FA L'INTELLETTUALE AL BAR DI TONINO

dove sono finiti gli intellettuali di sinistra? Nelle liste che il Pd ha appena presentato per le elezioni europee non c’è neppure l’ombra della formidabile armata di penna e di pensiero che per decenni era stata una delle due anime (l’altra era la classe operaia, essa pure in buona parte emigrata verso altri partiti) del Partito comunista. Non c’era praticamente uomo di cultura, un tempo, che non fosse comunista. Pavese, Moravia, Calvino, Vittorini, Asor Rosa, Argan, Eco, la Ginzburg. Non è che tutti fossero organici. Parecchi, semplicemente, fiancheggiavano. Però, stavano tutti da quella parte lì. Chi non stava da quella parte lì, non era un intellettuale.

Oggi, nelle liste del Pd, l’unico sarebbe il giornalista David Sassoli, ammesso che si possa definire intellettuale un giornalista, cosa di cui dubitiamo fortemente, appartenendo noi stessi alla categoria (dei giornalisti, s’intende: non degli intellettuali). Coloro che in qualche modo hanno il diritto di fregiarsi del titolo di «uomini di cultura» hanno scelto l’Aventino, oppure sono finiti con Di Pietro. Nell’Italia dei Valori sono ufficialmente candidati Gianni Vattimo, Nicola Tranfaglia, Giorgio Pressburger. E anche chi non si candida ma, appunto, fiancheggia, sta con Tonino: dal milieu di MicroMega a quello di Annozero.

E qui sta uno dei più insondabili misteri dei nostri giorni. Che cosa ci può trovare, un intellettuale ex di sinistra, in un uomo come Di Pietro? Non è che vogliamo denigrare il leader dei Valori: ciascuno è libero di pensare che possa dare un suo utile contributo all’Italia. Non sono in discussione le posizioni politiche, ma le affinità elettive. L’intellettuale (di sinistra, ripetiamo: ma è superfluo sottolinearlo) è sempre stato un animale da salotto e da Capalbio: buone maniere, sfoggio di cultura, citazioni erudite. Longanesi diceva che quella è gente che crede di essere di sinistra perché mangia il pesce con il coltello.

Gente che ha tutto un suo vocabolario, se deve dire che il dopo-crisi è già cominciato dice che «come dicono i francesi, l’après-crise a commancée»; oppure gente che si racconta in terrazza «amo fatto er corteo», essendo Roma, molto più che Milano o Torino, il suo habitat naturale. Come si troveranno costoro alla masseria, oppure al bar di Tonino, è cosa che ci sfugge. Il bon ton, per quel mondo, è molto più di una forma: è una sostanza. Così come ci sfugge che cosa possano trovare, sul piano delle idee, in un uomo che non ha altra idea se non quella di rivendicare per sé una patente di immacolata onestà, e per gli altri di impunita disonestà.

Vedremo

quanto durerà questo inedito fidanzamento. A occhio, ci pare che certi discorsi Di Pietro non li capisca. Anche l’intellettuale, diceva sempre Longanesi, non capisce: ma non capisce con grande autorità e competenza.

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