«Chi adesso grida vittoria aveva il cappello in mano»

Mario Pescante risponde ai trionfalismi di Chiamparino: «Sinistra senza memoria»

nostro inviato a Torino
Sipario sui Giochi e fine anche della tregua olimpica. L'ha rotta ieri il sindaco diessino di Torino, Sergio Chiamparino. «Olimpiadi vinte malgrado Roma», è la sintesi del suo bilancio. Cioè, botte al governo. Mario Pescante, sottosegretario allo Sport che dall'ottobre 2004 è supervisore del Toroc, ha sempre evitato ogni polemica con i torinesi. Ma ora non si trattiene.
Onorevole, come giudica le parole di Chiamparino?
«Non è solo lui. Ho tra le mani un'agenzia che riporta i complimenti di Veltroni al sindaco di Torino. Nel nostro paese va di moda salire sul carro del vincitore, qui c'è una variazione sul tema: si è presa la guida del carro facendo scendere altri che hanno avuto meriti anche superiori. Indicare presunte latitanze di Palazzo Chigi è ingeneroso e ingiusto. Le aggettivazioni le ho curate con attenzione, ma mi scapperebbe di dire altre cose».
Ne fa una questione personale?
«Per carità, non sono il salvatore dei Giochi come pure il Giornale ha titolato tempo fa. Ma qualcuno ha dimenticato troppo in fretta. Il 10 novembre 2004, coloro che sono oggi sul carro del vincitore erano a Palazzo Chigi davanti al nostro presidente del Consiglio e a quello del Cio Rogge per dire che i Giochi stavano fallendo. L'organizzazione un disastro, il bilancio una voragine (mancavano 260 milioni di euro), la comunicazione inesistente, zero rapporti con Cio, Coni e federazioni internazionali. Emergenza. Vengo nominato supervisore, rifiuto l'incarico di commissario, chiedo che Castellani rimanga alla guida del Toroc, ci mettiamo a lavorare. Abbiamo rimesso in moto la macchina, cambiato i top manager, ricucito i rapporti, ma soprattutto erogato montagne di denaro: 140 milioni di euro per l'organizzazione, 90 per la sicurezza e altri 27 grazie all'ultimo provvedimento, un Gratta e vinci dal successo sorprendente. Soldi che sarebbero andati all'erario e invece sono finiti al Toroc. E non era competenza del governo, tant'è vero che l'Unione europea impedisce questi interventi e abbiamo dovuto ricorrere ad artifici».
Non si disse che i grandi sponsor mancavano perché poco incoraggiati dal governo?
«Gli sponsor non sono arrivati perché sul piano della comunicazione per 5 anni si è persa un'occasione storica. Le Olimpiadi non erano mai uscite da Torino. Con la Rai i rapporti sono stati tenuti sul piano personale - e non dico altro - dall'addetto alla comunicazione (la signora Evelina Christillin, ndr). La Rai si sarà anche svegliata tardi, ma ha riconquistato il terreno dedicando alle Olimpiadi un'intera rete e facendo ascolti che il Grande fratello o Sanremo si sognano... I Giochi li ha vinti il sistema Italia: la sicurezza, l'organizzazione tecnica e sportiva, l'entusiasmo dei torinesi. E il sostegno del governo. Io non sono stato nominato da non-so-chi, ma dal presidente del Consiglio. Gli interventi finanziari non sono merito (come dice l'amico Chiamparino) di Pisanu, Letta e Pescante, come se avessimo assunto provvedimenti a titolo personale. Un ministro e due sottosegretari di che fanno parte, di un gruppo misto?».
Eppure a Torino il premier è stato fischiato.
«Sì, da una minoranza ridicola. Berlusconi ha risolto in prima persona molte questioni. Quando Tremonti tagliò i fondi della Finanziaria, rimediammo in parte all'errore con il decreto sul Gratta e vinci. E non vanno dimenticati gli stanziamenti delle infrastrutture (impianti sportivi, neve artificiale, strade, viadotti) per un miliardo 350 milioni di euro: 600 erogati dai governi di centrosinistra e 750 dal governo Berlusconi. L'Agenzia Torino 2006 ha lavorato in maniera straordinaria predisponendo gli impianti anche un anno prima dei Giochi. Abbiamo creato 57mila posti di lavoro permanenti, l'innevamento artificiale prolungherà la stagione turistica di un mese e mezzo, il pil piemontese crescerà del 3 per cento e quello nazionale dello 0,2».
Ricorda che il «Corriere della Sera» profetizzò che le Olimpiadi sarebbero state «un disastro griffato Pescante»?
«Volevano dire griffato governo. E ora che le cose sono andate benissimo, la griffe è andata ad altri. Poco male. Mi dispiace un'altra cosa. Uno dei successi del mio lavoro è stato formare una squadra con gli stessi che erano venuti a Roma con il cappello in mano.

Come non ho speculato io quando vidi quel colpevole disastro finanziario, non posso consentire che gli altri speculino sulla somma rimasta a loro carico: 45 milioni contro un miliardo e mezzo stanziati dal governo. Che ora i salvatori dei Giochi diventino loro mi pare assurdo, non so se è chiaro».

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