«Chi ha la memoria corta e faziosa si vergogna della sua storia»

Gianfranco Pasquino, ex senatore e studioso della storia del Pci: «Avrei salvato almeno la scuola di partito delle Frattocchie e, in Toscana e in Emilia, le Case del popolo»

Professore emerito di scienza politica all'università di Bologna, docente di European studies al Bologna center della John Hopkins university e per tre legislature senatore della Sinistra indipendente, Gianfranco Pasquino è uno dei maggiori studiosi della storia del Pci in Italia e dei partiti che gli sono subentrati. Il suo è un grido di dolore: «Se sparisce la memoria, spariscono anche i luoghi che fondano la memoria».

La sinistra che celebra la Resistenza ha cancellato ogni traccia del Pci. Perché?

«Questo Paese ha la memoria corta, ed è una memoria manipolata, faziosa. Ci ricordiamo soltanto di quello che fa piacere. Evidentemente i post-comunisti non ritengono importante ricordare l'operato del Pci».

Che cosa in particolare?

«Le Frattocchie, per esempio. Rispetto alle attuali scuole, quelle erano di un livello altissimo. Erano un grande luogo di socializzazione, dove si facevano tante esperienze diverse. Non era soltanto il centro dell'indottrinamento: si tornava sempre contenti di aver discusso grandi temi e avere conosciuto persone di valore».

E adesso?

«Le scuole di partito, se vogliamo proprio chiamarle così, sono passerelle di ministri passati e presenti, e magari futuri. E gli intellettuali, invece che svolgere un ruolo critico con domande e approfondimenti, sono allievi che si esibiscono nel sostegno dei potenti di turno».

Ha senso conservare luoghi testimoni del passato? In fondo, si vende anche perché un'esperienza possa continuare.

«Intanto bisogna avere consapevolezza del valore di quella esperienza. Di recente a Ventotene è stato commemorato l'europeismo di Altiero Spinelli: ci sono luoghi simbolici in Italia che andrebbero conservati e visitati, e non parlo soltanto di quelli legati alla storia del Pci. Il problema è la scomparsa di qualsiasi cultura politica. Penso per esempio ai socialisti: non vedo intellettuali all'altezza di quella storia con la sola eccezione di Giuliano Amato, peraltro contestato da molti. Anche Silvio Berlusconi all'inizio della sua presunta rivoluzione aveva fatto bene a valorizzare alcuni intellettuali liberali, ma oggi se n'è persa traccia».

Lei quali edifici storici avrebbe conservato?

«Senz'altro le Frattocchie. E poi i luoghi di Gramsci: un tour sarebbe molto istruttivo. Gramsci fu un intellettuale complesso, profondamente inserito nella storia d'Italia. In Toscana ed Emilia Romagna bisognava mantenere vive alcune Case del popolo, anche parlando con gli anziani del posto che per fortuna non sono stati rottamati del tutto. Anche una cultura orale è utile per aiutare la memoria».

La destra può visitare il Vittoriale di D'Annunzio.

«Il quale fu un personaggio originale, ma non gli attribuirei una vera cultura politica. Non solo i comunisti hanno cancellato le loro radici: Benedetto Croce è un altro grande dimenticato. Ed è inutile chiedersi quale sia la cultura politica dei Cinque stelle.

Se non c'è una cultura politica con cui confrontarsi non c'è l'interesse al pensiero, alla riflessione. Un tempo si diceva: politique d'abord. La politica innanzitutto. Oggi siamo al gossip d'abord. Non ci resta che il pettegolezzo».

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