Chi minaccia il bipolarismo

Egidio Sterpa

Vediamo un po’: che cosa sta accadendo nella politica italiana? C’è davvero un «rompete le righe» a destra e a sinistra, uno scombussolamento tale da far saltare l’Unione e il progetto tanto ambizioso del «partito democratico»? Ad osservare con qualche distacco, si direbbe addirittura che le due coalizioni siano agitate da identiche convulsioni, che in alcuni casi assomigliano al «ballo di San Vito», per il quale in tempi lontani si invocavano i santi.
Cominciamo con una esplorazione a destra. L’insuccesso nel referendum (che il centrosinistra sbaglia di grosso a considerare una propria sonante vittoria, mentre in realtà è un’affermazione del buon senso e dell’equilibrio degli italiani, che ne hanno le scatole piene di veder subordinare alla politica politicante ogni altro interesse), provocando delusioni esagerate, ha scatenato velleità riposte altrettanto esagerate. Da qui l’Udc che rivaluta i propositi di Follini e Tabacci e porta allo scoperto le ambizioni di Casini, nutrite - questo riconosciamolo - di preoccupazioni per il futuro. E anche la riemersione prepotente della voglia «nordista» della Lega, nella quale - pure questo va riconosciuto - Bossi si sta dimostrando il più assennato. E, infine, l’autodelusione di Fini, che improvvisamente dichiara conclusa l’esperienza della Casa delle libertà. Il che, ovviamente, non manca di provocare fibrillazioni collettive e singole in Forza Italia.
Un fatto è indubbio: un tentativo di rimescolamento delle carte c’è. Dove può portare è un’incognita per tutti, persino per chi ci sta provando. Per esempio Casini, che decide di votare a favore del decreto per il rifinanziamento delle missioni militari, sa forse che cosa gli frutterà la mossa? Non va disconosciuta a Fini la preoccupazione per quel «no» di un Sud che è sempre stato il maggior contribuente della destra nazionale. Quanto alla Lega, le sparate di Speroni e i manovrismi di Maroni la portano a crogiolarsi, tra apprensioni e illusioni, nel riemerso corteggiamento della sinistra, che ricorda la «costola» menzionata da D’Alema ai tempi della cena con scatole di sardine. A ben pensarci, però, se anche fossimo al «rompete le righe», dove possono mai andare a parare tanti pezzi del centrodestra?
Anche la sinistra merita una rapida esplorazione. Il tanto conclamato «partito democratico» (preludio ne sono stati i gruppi unificati dell’Unione, o Ulivo che sia, in Parlamento) appare già in coma prima ancora di nascere. Che non lo vogliano Bertinotti, Diliberto e Pecoraro Scanio, lo si sapeva già da tempo. Ma ora a gridare un forte «no» è Mussi, il che allarma Fassino e D’Alema, i quali sembrano voler frenare per timore di un’ennesima scissione. Si aggiunga poi lo spappolamento della «Rosa nel pugno», senza contare gli scetticismi di Angius, Caldarola e altri dei Ds, oltre che di Marini, Castagnetti e quello più pronunciato di De Mita che non conta più come una volta ma qualcosa può ancora dire. Insomma, se Atene piange Sparta non ride. Niente di nuovo, insomma, sotto il sole: la politica italiana litigiosa e spezzettata lo è sempre stata, ma ora lo è di gran lunga di più. Il bipolarismo proprio non ha funzionato.
Come sperare, in queste condizioni, che si possano rimodulare insieme le istituzioni, come cerca di predicare il nuovo ospite del Quirinale? Non c’è aria di miracoli. È anzi tempo di confusioni e contraddizioni, e persino di qualche stranezza. Come, per esempio, quel pacchetto liberal-liberista ideato silenziosamente dal ministro Bersani (qui ha ragione Panebianco: è stata un’occasione sprecata dal centrodestra, perdutosi, ahimè, in uno strampalato colbertismo), che è sì, tutto sommato, una buona cosa, ma è anche una furbata perché come ha annotato Giavazzi sul Corriere della Sera, sembra costruito per toccare il meno possibile interessi rappresentati nell’attuale maggioranza. Stanno anche qui le anomalie della politica italiana che, come si vede, non lascia mai in archivio la furbizia.


Infine, un’ultima osservazione: che fare nel prossimo voto sul decreto per il rifinanziamento delle missioni militari che sul caso Afghanistan divide la maggioranza? Quel che c’è ancora della Casa delle libertà può assistere inerte alla fuga in avanti di Casini? Sarebbero più i danni o i vantaggi? Una seria riflessione va fatta perché non c’è dubbio, quei soldatini laggiù qualche segnale se lo aspettano da chi non è a sinistra. E qui finiamo per oggi, in attesa di riflettere prossimamente su un centrodestra che pare non esserci più, o non esserci come noi vorremmo.

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