Per tutti Rosario Livatino è il «giudice ragazzino», così lo definì una volta Francesco Cossiga, suscitando un vespaio di polemiche. Per tutti è anche una delle più note vittime della barbarie mafiosa, visto che è stato ucciso, a soli 37 anni, in maniera atroce, alle porte di Agrigento, mentre senza scorta, nonostante le delicate inchieste a lui affidate, andava in tribunale. Ma per tanti, per il suo impegno di magistrato e per la sua fede, è stato un santo, persino Papa Giovanni Paolo II lo definì «martire della giustizia ed indirettamente della fede». Ed è per questo che , mentre a livello nazionale divampa lo scontro tra giustizia e politica, la Curia di Agrigento accelera per farlo proclamare santo. La Chiesa della città dei Templi sta già preparando l'elenco dei «testimoni» per avviare ufficialmente il processo di canonizzazione di Livatino nella speranza che, in tempi brevi, si possa arrivare alla sua beatificazione.
A testimoniare sulla santità del giudice Livatino saranno soprattutto quanti hanno conosciuto direttamente il "piccolo Giudice" di Canicattì. Ma ci sarà anche chi lo ha potuto apprezzare solo indirettamente e successivamente, come Elena Valdetara Canalò, guarita da un linfoma che l'avrebbe portata alla morte e per i medici incurabile.
Tra i testimoni locali i anche l'attuale presidente del Tribunale di Agrigento, Luigi D'Angelo, colleghi magistrati, personale di cancelleria ed avvocati ma anche religiosi, laici e semplici cittadini. L'elenco ha già subito una prima scrematura, perché sono tanti gli agrigentini che vogliono testimoniare la fede autentica del giovane magistrato. L'arcivescovo Franco Montenegro spera di arrivare presto all'annuncio ufficiale dell'avvio del processo diocesano.
Di recente, anche fuori dalla Sicilia, la Chiesa ha dimostrato l'intenzione di valutare la figura del giovane magistrato, trucidato dalla mafia il 21 settembre del 1990.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.