Chirurgo dona il sangue al bambino che opera

Erica Orsini

da Londra

Sono sicuramente moltissimi i chirurgi che hanno salvato la vita dei loro pazienti. Ma soltanto uno - per quanto si sa almeno - l'ha fatto donando il proprio sangue nel corso di un’operazione. Lui si chiama Samuel Weinstein ed è un medico newyorchese al cui confronto il John Carter eroe delle nuove puntate «africane» di Er, sfigura clamorosamente. L'uomo ha infatti ripreso per la punta dei capelli un ragazzino a El Salvador - che il suo team stava perdendo nel corso di una delicata operazione al cuore - donandogli il proprio sangue proprio a metà dell'intervento. «Era una situazione complicata - ha dichiarato Weinstein quasi schernendosi, al giornalista del quotidiano britannico Times che è riuscito a intervistarlo - serviva semplicemente del sangue fresco, abbiamo deciso di prendere il mio e di darlo al paziente». Effettivamente l'emergenza si era presentata inattesa, il sangue ricevuto con le trasfusioni non si coaugulava, l'intervento si era presentato molto lungo e il piccolo sicuramente non ce l'avrebbe fatta se non si fosse subito trovato del sangue del suo stesso gruppo, tipo B Rh negativo. Lo stesso del medico americano, capo di chirurgia cardiotoracica al Children's hospital del Montefiore medical centre nel Bronx e costante volontario per l'Heart care international, un gruppo no profit che ha salvato la vita a centinaia di bambini cardiopatici in Guatemala, Repubblica Dominicana ed El Salvador. Weinstein ha agito tempestivamente e dopo aver mangiato un boccone e bevuto un po’ d'acqua è tornato a operare. La scelta si è rivelata decisiva per il piccolo paziente, Francisco Fernandez, che ce l'ha fatta e ora si sta già riprendendo. In America la legge vieta «salvataggi» di questo genere, ma questa era una situazione veramente disperata come ha sottolineato il fondatore del gruppo di volontari Robert Michler. «Il bambino continuava a sanguinare e noi sapevamo che si trattava di un problema di coagulazione.

Il vero miracolo di tutta questa faccenda - ha concluso il medico - è che il bimbo e il chirurgo avessero lo stesso gruppo sanguigno». E l’altro miracolo è che esistono ancora medici davvero in prima linea. Ci piace pensare che Weinstein possa rappresentare idealmente anche tutti gli altri di cui non conosciamo né il nome né le gesta.

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