Oggi siamo tutti Vittorio Feltri. E io, che sulla vicenda ho responsabilità professionali e personali, lo sono più di altri, orgoglioso di lavorare al fianco di una delle poche voci libere e perbene del giornalismo italiano. Ieri l'ordine dei giornalisti ha inflitto una sospensione dalla professione di tre mesi al nostro direttore. Rispetto alla sentenza di primo gradola pena è stata di dimezzata, ma resta abnorme. I fatti sono noti, nonostante il tentativo di deformarli. Il Giornale pubblicò, nel settembre dello scorso anno, la notizia, risultata assolutamente vera, che il direttore di Avvenire , Dino Boffo, aveva patteggiato una condanna per molestie telefoniche a sfondo sessuale. Nell'articolo si faceva riferimento a una lettera anonima recapitata a numerosi vescovi e cardinali nella quale si sosteneva che all' origine del caso c'era una vicenda a sfondo omosessuale. Boffo, che non ha querelato, né esibito pubblicamente le carte processuali, nel giro di pochi giorni presentò le dimissioni da direttore, dimissioni che furono accettate dall' editore, cioè dai vescovi italiani. Mesi dopo abbiamo accertato, per quanto ci è stato possibile, che negli atti del processo non c'era un riferimento alla questione omosessuale. E su questo chiedemmo scusa. Questi sono i fatti oggettivi. Nulla di più. E nulla in confronto alle paginate che da mesi leggiamo su presunti gusti e tendenze sessuali del presidente Berlusconi e ministri, nulla in confronto alle illazioni mai supportate da un fatto sull'etica di ministre e parlamentari di centrodestra, nulla se pensiamo alle allusioni mafiose sulla presunta mafiosità del presidente del Senato, tanto per parlare dei casi più recenti apparsi sulla stampa di sinistra con lo scopo di delegittimare e abbattere il premier e il suo governo. Il meccanismo è collaudato: si prende un fatto accaduto e lo si condisce con una montagna di veline di questura, informative ai Pm, dichiarazioni non verificate di escort, ricattatrici e millantatori. Spazzatura spacciata per notizie, che non vengono poi smentite anche quando risultano manifestamente infondate. Figuriamoci se arrivano le scuse pubbliche, come abbiamo fatto noi quando abbiamo sbagliato.
Il gioco sporco è retto da una compagnia di giro ben collaudata. Ai soliti Travaglio, Santoro, Benigni e soci, si è aggiunto di recente lo scrittore Saviano, che dopo aver scritto un buon libro è diventato un trombone, patetica e modesta controfigura di ciò che Pasolini rappresentò per gli anticonformisti negli anni Settanta. Ossessionati dalla libertà di Feltri, questi signori in ogni sede negano fatti certi e documentati, come la condanna di Boffo, l'amante di Veronica (ex signora Berlusconi), il caso Fini-Montecarlo e spacciano per vere ipotesi di reato, racconti di cocainomani all'ultimo stadio, deliri di pentiti di mafia.
Con la sentenza di ieri, L'Ordine dei giornalisti si è reso di fatto complice di questa porcheria. Le verità oggettive non contano, la macchina del fango contro il berlusconismo non solo non viene perseguita e punita, ma neppure lontanamente disturbata. Semmai è difesa. Feltri invece va imbavagliato, ucciso, il Giornale decapitato. Nonostante rappresentiamo la voce della maggioranza elettorale degli italiani, siamo scomodi, di intralcio al progetto di far cadere il governo per via mediatica oltre che giudiziaria.
La sospensione arriva pochi giorni dopo un esposto del Pd al garante dell'authority per farci chiudere, un mese dagli avvisi di garanzia e dalle perquisizioni a me e al collega Nicola Porro per aver pubblicato un editoriale critico con il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia. Non sono coincidenze. Non era mai successo che magistrati provassero a fare fuori, e guarda caso alla vigilia di una probabile tornata elettorale, i vertici di un quotidiano nazionale con il silenzio-assenso dell'Ordine dei giornalisti che dovrebbe difendere, fosse solo che paghiamo le quote, la nostra indipendenza e onorabilità.
Vittorio Feltri paga colpe non sue. Quelle professionali sono mie, che portai la notizia, e nel mirino c'è Silvio Berlusconi. Lui è il simbolo, la bandiera e paga per tutti. Ha le spalle larghe, speriamo che le palle non siano ancora piene. Molto dipenderà, come sempre, da voi lettori. Di nostro andiamo avanti senza tentennamenti. Non ci facciamo intimidire. Al direttore possono vietare di scrivere, non di parlare, per esempio con me e attraverso di me con voi.
Ps: tra pochi giorni l'Ordine processerà anche il sottoscritto.
Cinque anni fa, ma guarda caso se ne ricordano oggi, feci scrivere senza alcun compenso su Libero, che allora dirigevo, alcune opinioni a Renato Farina, il collega, oggi onorevole, sospeso dalla professione perché aveva collaborato con i nostri servizi segreti per salvare italiani rimasti intrappolati nella guerra in Irak. Secondo voi, come andrà a finire?- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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