Ciancimino indagato per truffa allo Stato

Per la procura di Ferrara il rampollo di don Vito è ai vertici di un’associazione per delinquere che ha evaso l’Iva attraverso la compravendita di acciaio. Frodato al fisco oltre un milione e mezzo di euro. Quando giurava: "Berlusconi mafioso? Falso, parola di papà"

Ciancimino indagato per truffa allo Stato

Procura che vai, Massimo Ciancimino che trovi. Se a Palermo il rampollo del defunto sindaco mafioso è una specie di oracolo, a Ferrara è tutt’altra musica. Ciancimino junior, infatti, figura tra i componenti di vertice di un «gruppo criminale», di un’associazione per delinquere che a vario titolo, attraverso il commercio dell’acciaio, si sarebbe macchiata di reati che vanno dalla truffa ai danni dello Stato al falso, dal mendacio bancario al contrabbando. Il tutto per fregare lo Stato, frodando l’Iva per una cifra globale ancora da quantificare, ma che sicuramente supera il milione e mezzo di euro.

Altro che il vate delle procure antimafia, che lo fanno parlare a tutto campo - quanto accaduto a Palermo al processo Mori docet - specie se taccia di mafiosità il premier Silvio Berlusconi, Forza Italia e il senatore Marcello Dell’Utri. Il Ciancimino junior visto da Nord, dalla Procura di Ferrara che lo ha messo sotto inchiesta appunto per associazione per delinquere, truffa ai danni dello Stato e reati fiscali vari è un delinquente di prima qualità. L’indagine, condotta dai pm Nicola Proto e Barbara Cavallo, riguarda una maxi-evasione dell’Iva legata al commercio dell’acciaio, messa in atto inizialmente con una società, la Errelle srl, inizialmente con sede a Reggio Emilia e poi trasferita formalmente a Panama. Che c’entra Ciancimino junior - che a Palermo tra le tante attività si occupava della vendita in franchising di divani - con l’acciaio e soprattutto con la truffa? Nulla, giura lui, che sostiene di essere implicato in questa brutta storia semplicemente nel ruolo di trader attraverso la sua società individuale, la Mc Trading.

Anzi, non solo si dice estraneo alle accuse che gli vengono contestate, ma addirittura sostiene di essere lui uno dei truffati. Il Nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza di Ferrara, però, sul rampollo di don Vito, la pensa un po’ diversamente. E infatti, nella relazione inviata ai pubblici ministeri per sollecitare nuovi accertamenti e intercettazioni a proposito dell’aspirante pentito tanto amato dalle Procure – proprio ieri Ciancimino junior è stato convocato a Catania, e sentito anche dai magistrati del capoluogo etneo – le Fiamme gialle scrivono: «Ciancimino vuole apparire come trader, ma si potrà capire che nessuna utilità o trader sono necessari allo schema fraudolento, e che la sua partecipazione è solo in virtù di un accordo tra i partecipanti al sodalizio criminale».

Sodalizio nel quale Ciancimino, secondo gli inquirenti ferraresi, era ben inserito. E per di più mentre era agli arresti domiciliari per riciclaggio e proprio mentre, con altri pubblici ministeri, si preparava a recitare il ruolo del bravo cittadino che vuole collaborare con lo Stato raccontando - senza tema di essere smentito tanto è morto - il (presunto) pensiero di papà don Vito.

L’inchiesta ferrarese prende le mosse dall’attività di una società, la Errelle srl con amministratore di fatto una donna di Sassuolo, Patrizia Gianferrari, impegnata nella commercializzazione all’ingrosso di acciaio e materiali ferrosi, volume d’affari circa 10 milioni di euro. Ciancimino e la donna non compaiono formalmente nella società, ma secondo gli inquirenti erano i leader. Ciancimino anzi trattava con fornitori e clienti e soprattutto aveva accesso ai conti della società. Piuttosto semplice il meccanismo. Attraverso una serie di società cuscinetto affidate a “teste di legno” - in tutto gli indagati sono una ventina - la compravendita dell’acciaio fruttava migliaia e migliaia di euro grazie alla frode dell’Iva. Non solo. Attraverso falsa documentazione la società si era accreditata come «esportatore abituale» di acciaio, in modo da fruire delle agevolazioni fiscali. Insomma, una truffa bella e buona. Che avrebbe anche recato danni al mercato globale dell’acciaio proprio attraverso l’«ingiusto profitto» ricavato dall’Iva incassata e non versata. Almeno un milione e mezzo di euro.

Ciancimino junior si è difeso sostenendo che è lui il truffato. Ma dagli atti dell’indagine emerge un’altra verità: «Dalle altre intercettazioni – scrive ancora la Guardia di finanza – emerge un fatto nuovo, e cioè i rapporti tesi tra il Ciancimino Massimo e la Gianferrari Patrizia, in quanto quest’ultima si è accorta che lo stesso Ciancimino Massimo gli ha sottratto del denaro spettante all’organizzazione, e nel contesto della conversazione si definisce una delle truffate da Ciancimino Massimo.

I rapporti tra loro sono tesi, ma la Gianferrari Patrizia è dell’idea che deve comunque continuare a trattare con il Ciancimino Massimo, visto il personaggio e in considerazione del fatto che sembra essere stato lui ad intrometterla nel settore dell’acciaio».

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