Con “Jeanne du Barry”, film d’apertura a Cannes, Depp torna a brillare

Un grande inizio per il Festival di Cannes, con un film che racconta la storia della favorita di Luigi XV e si avvale del talento mai così cristallino di Johnny Depp

Con “Jeanne du Barry”, film d’apertura a Cannes, Depp torna a brillare
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Il film che ieri ha aperto il Festival di Cannes, Jeanne du Barry di Maïwenn, che ne è regista e protagonista, segna non solo la rinascita artistica di Johnny Depp dopo le nefaste traversie (accuse di violenza domestica) legate al suo divorzio da Amber Heard, ma proprio il ritorno di un cinema degno di questo nome e che ultimamente sembra affacciarsi solo in corrispondenza di kermesse blasonate.

La trama ripercorre la storia di Jeanne Becu (Maiwenn), la cortigiana che col titolo di Madame du Barry fu la favorita di re Luigi XV (Depp). Figlia illegittima venuta dal niente, conquistò il letto e il cuore di un sovrano che, pur donnaiolo, seppe coglierne la deliziosa diversità.

Jeanne non è infatti una cortigiana qualsiasi, bensì una donna padrona di sé, consapevole di essere nata per regalare e regalarsi piacere. La sua peculiarità non è tanto nei favori sessuali che concede agli uomini, bensì nella spensieratezza caparbia che le fa amare ogni aspetto della vita e del femminile. La vediamo devota alla componente materna, non importa se nei riguardi di chi non ha fisicamente generato, esaltata dal lusso ma anche dotata di una libertà interiore che la pone al di sopra del denaro. Quella col re sarà una storia sì costellata di regali e concessioni, ma soprattutto di vero amore e desiderio di autentica condivisione.

“Jeanne du Barry” sottolinea più volte come all’inizio la giovane donna sia completamente disinteressata, quando non restia, ad essere presentata al monarca. Ecco perché quando se lo trova di fronte è in grado di stregarlo da subito. Ad essere irresistibile non è tanto quel che avviene di fisico nel talamo, su cui il film sorvola sempre, ma il suo essere maliziosa e indipendente pur conservando la voglia di giocare e la leggerezza ridente di una bambina. Quanto all’ignoranza di cui è continuamente tacciata da chi mal la sopporta a corte, è solo nel giudizio di chi non conosce il potere della naturalezza e del seguire le proprie propensioni e intuizioni. Nulla è più seducente del mostrare quel che quasi tutti perdono lungo il viaggio, ossia la possibilità, rivendicata sempre con il sorriso, di essere se stessi.

Johnny Depp nel film è un coprotagonista con poche battute da pronunciare il che, pur avendo l’attore una voce infinitamente suadente, giova all’incisività della performance. Il divo lavora di sottrazione e non solo abbandona le faccette imputategli da “I Pirati dei Caraibi” in poi, ma padroneggia un carisma che va in crescendo al punto da ricordare quello di chi gli fu amico, Marlon Brando. Come in quel caso, la bellezza fisica e lo charme degli anni d’oro sembrano aver ceduto il passo a una forma di seduzione diversa e più profonda, inalienabile perché non legata all’aspetto bensì al vissuto.

Sul tappeto rosso Depp non è un grande spettacolo, se non in termini di assoluta gentilezza e rara disponibilità con il pubblico supplicante uno sguardo o un selfie; ma in “Jeanne du Barry” l’astro del suo talento splende fulgido. “Jeanne du Barry” è una storia d’amore ma anche un viaggio nelle diverse sfaccettature dell'essere donna. Non a caso il re ha due favorite: l’una (Jeanne) incarna i piaceri terreni, l’altra (la figlia) è in contatto con aspirazioni angeliche. L’epilogo è un piccolo capolavoro.

Nella famelica corsa finale dei sudditi verso il nuovo sovrano da idolatrare, mentre quello vecchio giace ucciso dal vaiolo e pianto a distanza solo da chi lo ha sinceramente amato, si sente l’eco dell’immortale “sic transit gloria mundi”.

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