Mancano due settimane o poco più a Natale e in tv già spopolano le pellicole natalizie. Ma ce n'è una, solo una, che nel nostro Paese è associata al clima di festa della vigilia del 25 dicembre: Una poltrona per due. Un appuntamento fisso per gli italiani, che il 24 sera, prima e durante il cenone, sintonizzano le proprie tv su Italia Uno, che trasmette puntualmente il film firmato da John Landis, uscito per la prima volta nelle sale nel 1983. Quest'anno c'è però una novità: il 9, 10 e 11 dicembre la pellicola torna al cinema nella sua versione restaurata. Un appuntamento immancabile per gli appassionati, rovinato però dalle solite polemiche dei seguaci del politicamente corretto, che vorrebbero riscrivere la storia e le tradizioni.
Su Vanity Fair è stato di recente pubblicato un articolo in cui l'autrice trova "inspiegabile come un titolo tanto osteggiato (e a ragione) negli ultimi anni abbia addirittura la possibilità di venir proiettato per tre giorni in sala, soprattutto dopo i dibattiti che si è portato dietro in tempi recenti". La colpa di questo film è, sostanzialmente, quella di essere stato girato all'inizio degli anni Ottanta, quando c'era una diversa comicità e sensibilità. Quindi, cosa bisognerebbe fare? Eliminare tutti i prodotti cinematografici ed editoriali che utilizzano la "n-word", per esempio? Sembra una proposta assurda ma c'è da dire che ci hanno anche provato. Nel 2021 ci furono sollevazioni internazionali da parte dei benpensanti che per poco non proposero di mettere al rogo cartoni come Dumbo e Peter Pan, film come Via col vento e American Beauty, addirittura libri scritti da autori del calibro di Jules Verne, Agatha Christie e Ian Fleming.
Non vogliono che venga chiamata "cancel culture" ma non si può negare che si sia tentato, talvolta riuscendoci, un revisionismo storico su monumenti miliari della cultura. Che si continui a supportare questa deriva woke anche nel 2024, cancellando la storia, è anacronistico. Tornando a Una poltrona per due, si tratta di un film che è il manifesto del politicamente scorretto ma senza mai trascendere nelle volgarità. Nell'articolo si punta il dito contro la "blackface" di Dan Aykroyd, sottolineando come "non faccia più ridere". Ed è vero, per altro proprio quello forse non ha mai fatto ridere nel film.
Ma è parte del tessuto di quella narrazione e ne è imprescindibile. A detta dell'autrice "servirebbe parlarne e rifletterci sopra per sì, contestualizzarlo, ma soprattutto per non tirarsi indietro quando c’è da indicare ciò che conteneva (e contiene) di inopportuno. Un’avvertenza affinché non si riproduca un simile linguaggi". Ed è come implicitamente accusare chi guarda quel film di essere un cavernicolo incapace di distinguere ciò che è adeguato da ciò che non lo è, come chiedere che vengano poste delle note di contestualizzazione su un film horror, in cui si spiega che non si deve prendere esempio.
A volte, un po' di leggerezza in più e un po' di superbia in meno, renderebbe il mondo un posto migliore per tutti. Che nessuno tocchi Louis Winthorpe III e Billy Ray Valentine.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.