Premi Oscar 2023: perché "Gli spiriti dell'Isola" dovrebbe vincere come miglior film

Gli spiriti dell'isola è un gioiello di regia e sceneggiatura, che racconta l'insensatezza della guerra e del genere umano. Un film che meriterebbe davvero di vincere il Premio Oscar

Premi Oscar 2023: perché "Gli spiriti dell'Isola" dovrebbe vincere come miglior film

Presentato in anteprima mondiale alla Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia, Gli spiriti dell'isola è il nuovo film scritto e diretto da Martin McDonagh che è stato inserito nella lista delle pellicole che il prossimo 12 marzo concorreranno alla vittoria per il Miglior Film alla notte degli Oscar 2023. Sebbene sia ormai abbastanza scontato che l'agognata statuetta dorata andrà al sopravvalutato Everything Everywhere All At Once, Gli spiriti dell'isola potrebbe essere quel film considerato ormai un outsider che, proprio all'ultimo, riuscirà a sottrarre il premio, un po' come era avvenuto con Moonlight, premiato al posto del meraviglioso La La Land.

Di cosa parla Gli spiriti dell'isola?

Pádraic Súilleabháin (Colin Farrell) e Colm Doherty (Brendan Gleeson) sono due amici inseparabili che dalle due di pomeriggio fino a tarda sera sono soliti passare il tempo nel pub della remota (e inesistente) isola di Inisherin. L'anno è il 1923 e al largo di questa isola irlandese si sente l'eco di una guerra invisibile, ma che sembra essere a portata di mano. Pádraic e Colm sono amici da sempre, tanto che il villaggio è così abituato a vederli insieme da considerarli parti di una sola anima. Poi, però, un giorno qualcosa cambia. Colm rimane seduto nella sua casa mentre l'amico bussa alla sua porta: è la fine di un'amicizia e di una tradizione. Colm, che sente la spinta del tempo che passa, vuole tornare a concentrarsi sulla composizione musicale e sul violino, e non ha più intenzione di perdere tempo con Pádraic, che di punto in bianco reputa troppo noioso. La pellicola, che si fa forte anche della presenza di Kerry Condon nei panni della sorella di Pádraic e di Barry Keoghan nei panni di un ragazzino problematico figlio di un poliziotto locale, ruota intorno al senso di amicizia, accettazione del rifiuto, vendetta e morte.

Perché "Gli spiriti dell'isola" merita di vincere?

Brendan Gleeson e Colin Farrell avevano già lavorato insieme a Martin McDonagh nell'ormai lontano 2008, quando in sala arrivò In Bruges, che reinventava il genere spionistico e il thriller, vestendolo dei toni della commedia. Con The Banshee of Inisherin (titolo originale dell'opera) accade qualcosa di simile. Martin McDonagh crea una tragicommedia che sposa il teatro dell'assurdo che appare immediatamente come qualcosa di nuovo, originale e mai visto. La storia di due amici potrebbe apparire piatta su carta, ma il regista e sceneggiatore veste tutta la sua operazione con echi che sembrano provenire da Brecht e da Beckett, che strizzano persino l'occhio al Dino Buzzati di quel deserto dei tartari che non arrivavano mai. Gli spiriti dell'isola è un film sull'amicizia e le sue contraddizioni, ma è anche un film che parla dell'attesa di qualcosa che forse non verrà mai o di qualcosa che è già arrivato ma che nessuno ha saputo prendere al volo. Si tratta di una storia che parla di sconfitti e reietti che però non hanno la consapevolezza di essere percepiti come tali e che dunque, agli occhi degli spettatori, si traformano in eroi comici a cui ci si affeziona nell'arco di qualche dialogo.

Una sceneggiatura portentosa

Tutto questo è reso possibile da una sceneggiatura che appare quasi del tutto priva di difetti. Una sceneggiatura che sa cadenzare con la precisione di un metronomo i tempi comici e i vuoti narrativi in cui si inserisce di soppiatto una tragedia che serpeggia per tutto il film e che crea in chi guarda una dicotomia ricettiva. Gli spiriti dell'isola è pieno di battute e momenti che fanno ridere fino alle lacrime e, allo stesso tempo, quelle lacrime si tramutano nel segno di un dolore quasi esistenziale, che non ha spiegazioni e non ha risoluzione. A farla da padrone è proprio l'equilibrio tra questi due registri narrativi che sono ben identificati dai due attori protagonisti, che sono bravissimi a inserirsi in questo universo dell'assurdo e del grottesco, dove il romanticismo arriva dai luoghi più disparati e l'insensatezza della condizione umana è all'ordine del giorno.

Riparare un affronto

In un mondo perfetto i Premi Oscar dovrebbero limitarsi a premiare il talento e non a rimediare a errori di giudizio. La storia degli Academy Awards tuttavia è piena di premi che sono stati consegnati - spesso a un solo anno di distanza - per cercare di "mettere una pezza" a qualche défaillance. Agli Oscar del 2018, condotti sempre da Jimmy Kimmel, tra i migliori film candidati c'era Tre manifesti a Ebbing, Missouri, che a distanza di cinque anni continua ad essere un film molto potente.

La statuetta però non andò al film di Martin McDonagh per il suo ritratto della periferia americana devastata dalla violenza e dall'ingiustizia, ma al più consolatorio La forma dell'acqua, ennesima riproposizione del topos de La bella e la bestia che, per quanto di ottima fattura, non aveva molto da dire. Quest'anno Martin McDonagh rischia di nuovo di perdere contro una pellicola che non è all'altezza de Gli spiriti dell'isola, che non ha il coraggio di essere elegantemente sovversivo come questa tragicommedia sulla condizione umana.

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