Roman Polanski fa 90 anni: i suoi 7 migliori film

Il regista nato a Parigi è uno degli ultimi grandi maestri di cinema in circolazione, ma non ha alcuna intenzione di fermarsi: alla Mostra di Venezia sarà presentato il suo ultimo film, "The Palace"

Roman Polanski fa 90 anni: i suoi 7 migliori film
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Roman Polanski è uno degli ultimi grandi maestri di cinema, questo è lapalissiano. Sessant’anni di carriera, decine di successi, diversi capolavori ma anche una vita fatta di dolori (dalla fuga dal nazismo all’assassinio della moglie Sharon Tate nell’eccidio di Cielo Drive) e di controversie. Il grande talento di Polanski è la forza naturale, unita a una natura eclettica e alla capacità di osservare la realtà da un punto di vista diverso dal suo, il più possibile oggettivo. La sua filmografia è ricca di opere stratificate e complesse, capaci di scuotere lo spettatore a prescindere dal genere, dall’horror al dramma di impostazione teatrale. Un faro della modernità che compie oggi 90 anni, ricorrenza ideale per andare a conoscere i suoi 7 migliori film.

Repulsion (1965)

Opera seconda di Roman Polanski e suo primo lungometraggio in lingua inglese, “Repulsion” è probabilmente il suo film più spaventoso. Concepito come film strettamente commerciale, “Repulsion” è un dramma che porta alla mente a Hitchcock sia per il titolo che per la scelta della protagonista, una donna biona in pericolo. Grande gestione della tensione e del turbamento, un’opera ricca di scene metaforiche e di complessi piani sequenza. Impossibile non citare la bellezza ipnotica di Catherine Deneuve, a una delle prime apparizioni sul grande schermo.

Rosemary’s Baby (1968)

Tratto dall’omonimo romanzo, “Rosemary’s Baby” è uno dei numerosi capolavori firmati da Polanski. Il regista segue fedelmente il romanzo di Ira Levin, combinando realismo e distorsione psicologica. Tra tormento e inquietudini, tra satanismo e violenza, fu un successo al botteghino anche grazie alle straordinarie interpretazioni, su tutte quelle di Mia Farrow e Ruth Gordon.

Chinatown (1974)

Primo noir della filmografia del regista, “Chinatown” è il maggiore successo di pubblico e di critica della carriera di Polanski, nonché il suo ultimo film realizzato negli Stati Uniti. Grandissimo lavoro di scrittura cinematografica – lo zenit di Robert Towne – ma sarebbe ingiusto non menzionare la regia sopraffina: “Chinatown” è straordinario dal punto di vista visivo. Numerosi gli omaggi ai classici del genere, senza rinunciare alla modernizzazione. E che meraviglia il finale!

L’inquilino del terzo piano (1976)

Come molti altri film, “L’inquilino del terzo piano” fa parte di quell’elenco di opere rivalutate con il passare degli anni. Flop al botteghino – fortunatamente non intaccò la carriera di Polanski – lo sconvolgente thriller psicologico ricorda da vicino il già citato “Repulsion”. Qui il cineasta ricopre anche il ruolo di protagonista, giocando con realtà e immaginazione.

Il pianista (2002)

Tratto dal romanzo autobiografico omonimo di Władysław Szpilman, "Il pianista" è grande cinema. Una storia straziante e intensa per raccontare un’epoca, protagonista un essere umano imperfetto e fortunato, perché sopravvissuto a una tragedia enorme come l’Olocausto. Vincitore della Palma d’oro a Cannes e di tre premi Oscar, il film ha un ritmo incalzante ed è ricco di scene rapide e dense. Per Adrien Brody l’interpretazione della vita.

Carnage (2011)

Basato sull'opera teatrale Il dio del massacro della drammaturga e scrittrice francese Yasmina Reza, "Carnage" è teatro che diventa cinema. Una straordinaria tensione narrativa, un dramma da camera che si trasforma in una partita a quattro, una pernacchia al politicamente corretto. Polanski si conferma un fuoriclasse, ancora una volta, sbugiardando senza filtri l’ipocrisia della borghesia contemporanea. Sontuosi i quattro protagonisti: Jodie Foster, Kate Winslet, Christoph Waltz e John C. Reilly.

L’ufficiale e la spia (2019)

In attesa di “The Palace” – sarà presentato fuori concorso alla Mostra di Venezia – l’ultimo film di Polanski è tra le gemme della sua filmografia: “L’ufficiale e la spia”. Il regista porta sul grande schermo il caso di Alfred Dreyfus, ufficiale dell'esercito francese che nel 1894 venne accusato di spionaggio e messo sotto processo.

L’errore giudiziario, il fallimento della giustizia e l’antisemitismo: tanti i temi sul tavolo, senza dimenticare l’intolleranza e la vergognosa gogna mediatica. E ancora, Polanski attraverso il caso Dreyfus accende i riflettori sul rapporto tra società ed etica, una costante del cinema polanskiano.

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