Non ci sono parole per descrivere la bravura di Whitney Houston. È stata cantante, attrice ma soprattutto è stata un’icona della musica pop e del soul. Ha brillato come una vera stella, apprezzata per l’estensione vocale e per aver segnato un’intera generazione con le sue canzoni. Ha cavalcato gli anni ’80, inseguendo le mode del momento con stile e un pizzico di ilarità; negli anni ’90 è arrivata poi la consacrazione definitiva, ma al successo e all’affetto dei fan, la Houston ha dovuto affrontare molti (forse) anche troppi problemi personali che, inevitabilmente, hanno spinto l’artista nel tunnel della droga fino a morire nel 2012 in una vasca da bagno. Ora i suoi successi e gli insuccessi sono raccontati in un film dal titolo Whitney Houston – una voce diventata leggenda, che è disponibile dal 28 giugno su Sky e in streaming su Now.
Un film che, al netto delle aspettative, non riesce a compattare tutte le tappe salienti della vita dell’artista, ma riesce a delineare i contorni di una donna comune che, purtroppo, non è stata capace né di gestire i suoi demoni personali né tantomeno il successo. Amata proprio per la sua semplicità, Whitney Houston è stata anche travolta da molte critiche, tanto da essere definita una cantante "poco nera", eppure la stampa di settore ha sempre elogiato la sua voce e la sua verve. Scrivere un biopic non è mai facile, o si cade nell’auto celebrazione o c’è il rischio di revisionismo. il film sulla Houston è come se fosse in bilico ma regala una foto nitida di un’artista senza tempo.
Dal coro della chiesa al successo di Greatest love of all
È stata la madre di Whitney Houston a credere fin dal subito del talento della figlia. E il film, che inizia a raccontare l’ascesa al successo della cantante, prende forma dal lontano 1983 e da quando una giovane Whitney era ancora nel coro della chiesa del New Yersey. Cissy, sua madre, la spinge a continuare a studiare per migliorare il suo timbro di voce. Fino a quando non conquista la fiducia di Clive Davis, noto produttore discografico, che resta rapito dalla bravura della donna una volta che ascolta la Houston eseguire Greatest love of All. Firma un contratto discografico e, da quel momento in poi, la sua carriera come cantante decolla. Nel contesto, il film apre una lunga parentesi sulla sua vita privata raccontando i dissidi con il padre, l’amore (mai del tutto confermato) con Robyn Crawford, e la storia tormentata con Bobby Brown. Ombre e luci di un’artista unica che ha saputo raccontare l’amore, le vittorie e le sconfitte della vita con charme e una grande estensione vocale.
Quel rapporto tossico con il padre
Un film, dicevamo, che non è esente da difetti. Non solo perché prende posizione su certi gossip che sono circolati sui rotocalchi dell’epoca, ma perché non predilige solo la strada dell’autocelebrazione ma punta molto di più a far emergere le ombre sulla vita privata della Houston. Prima fra tutti, punta il dito sul rapporto, al limite del tossico, con il padre John. Lui era il manager di Whitney a inizio della carriera e aveva posto molti veti sull’artista. Soprattutto, aveva intuito di quanto fosse grande il talento della figlia e di quanto potesse rendere economicamente, tanto da cominciare ad abusare delle finanze di Whitney per i propri scopi. Nella realtà c’è stata anche una difficile battaglia legale ma nel film, invece, la Houston affronta suo padre verbalmente, facendo emergere tutti di dissidi di una famiglia che è stata mangiata dal successo. Solo sul letto di morte, Whitney decide di rimpiazzare suo padre con sua cognata.
Nel mirino la sessualità della Houston
Inevitabilmente, esplorando le vie oscure della vita di Whitney Houston, il biopic cerca di raccontare anche la sua tormentata vita sentimentale. La cantante avrebbe avuto una lunga storia d’amore con Robyn Crawford, che avrebbe conosciuto quando era molto giovane, e che inevitabilmente era stata osteggiata dal padre, che aveva paura che questa storia proibita potesse riflettersi sulla sua carriera. Nonostante ciò, la Houston ha voluto Robyn come sua assistente personale. In un’epoca in cui non esistevano ancora i social e dove le notizie non correvano così veloci, questo aspetto della sua vita privata non è stato mai approfondito. Ha avuto comunque diversi flirt, come uno con Eddie Murphy e Randall Cunningham, fino al matrimonio con Bobby Brown, uomo affascinante ma che ha distrutto Whitney psicologicamente, dato che avrebbe spinto la cantante verso il baratro. Si dice che nel 2003 avrebbe picchiato la Houston durante un litigio e più volte fu travolto a indiscrezioni di adulterio e di giuda in stato di ebbrezza.
E le critiche feroci alla sua voce
Una vita turbolenta, fatta di eccessi e anche di successi, ma il film è troppo patinato per scendere nel dettaglio. Eppure non esime nel raccontare quanto la cantante sia stata presa di mira per la sua voce che, dagli esponenti della musica black, era troppo poco nera per rappresentare la cultura del soul e del gospel. Una critica che l’artista non ha mai digerito e che ha segnato molte sue scelte artistiche. Alla luce dei fatti, proprio l’estensione della voce della Huston è la particolarità più bella.
Cosa c’è di vero nel film?
Ci si aspettava qualcosa di più da un racconto su una diva come Whitney Houston, ma, si sa, essere freddi e distaccati su un personaggio così importante è impossibile. Nonostante sia un biopic, c’è molto sulla vita personale e artistica della cantante e il film gioca su entrambi i lati della medaglia. Racconta la Whitney cantante con i suoi successi immortali, ma racconta anche la Whitney tormentata e fagocitata dalla gloria e dalla fama.
Storia di una diva immortale e senza tempo
Conosciuta anche come The Voice, è considerata una delle interpreti più talentuose e influenti nella storia della popular music. Il successo riscosso negli anni ottanta le ha consentito di conquistare mercati musicali fino ad allora di fatto preclusi alle cantanti afroamericane. Con i suoi brani è stata per diversi anni costantemente in vetta alle classifiche internazionali, in particolar modo la Billboard Hot 100 statunitense, nella quale ha piazzato sette singoli consecutivi alla posizione numero uno.
È stata una delle cantanti di maggior successo discografico, nonché la quarta per numero di vendite negli Stati Uniti, con oltre 55 milioni di dischi certificati. Ha vinto 8 Grammy Award e 22 American Music Awards. La -sua morte non ha ecclissato la stella. Anzi, la Houston è entrata nel mito.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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