“Un uomo felice”, una commedia francese sull’identità di genere

Una serie di equivoci porta un politico di mezza età a mettere in discussione le proprie convinzioni in un film che affronta temi delicati con intelligenza e humor

“Un uomo felice”, una commedia francese sull’identità di genere

"Un uomo felice" è la commedia d'oltralpe che racconta attualmente al cinema di persone transgender e transizione di genere. Non solo. Il quarto film di Tristan Séguéla affronta anche la questione dell'accettazione del diverso e lo fa combattendo i pregiudizi a colpi di risate.

Osservare come la società perbenista si relazioni ad argomenti tabù diventa irresistibile se al centro della scena ci sono due fuoriclasse come Fabrice Luchini e Chaterine Frot (per la prima volta insieme sullo schermo).

Jean (Luchini) è il sindaco conservatore di una cittadina francese. Ha deciso di ricandidarsi per un ulteriore mandato ma, proprio all’inizio della nuova campagna elettorale, si ritrova sconvolto da una novità: sua moglie Edith (Frot) gli rivela di essersi sempre sentita uomo e di voler finalmente iniziare un percorso di transizione. Se la notizia dovesse trapelare prima del voto verrebbe messa a repentaglio sia la vita pubblica che privata della coppia, così i due stringono il patto di posticipare il da farsi a dopo le elezioni. Una serie di equivoci, però, porterà scompiglio e i coniugi saranno costretti a mettere in discussione la propria relazione prima di quanto immaginato.

Dopo quarant’anni di matrimonio e tre figli deve essere difficile accettare che il proprio coniuge abbia un’evoluzione personale a dir poco significativa e repentina. Sul momento, per mantenere un equilibrio fittizio agli occhi dei potenziali elettori, il protagonista maschile mette in atto strategie meschine, finalizzate all’occultamento di quanto sta accadendo tra le mura domestiche. A casa, infatti, la moglie sta seppellendo letteralmente i vestiti femminili, indossando baffi finti e chiede di essere chiamata Eddy.

Se nella prima parte del film lo scopo del personaggio interpretato dal sempre formidabile Luchini è quello di preservare la propria immagine, nella seconda diverrà invece quella di tutelare il sentimento che ha nutrito per anni per la sua metà e che, a seguito di uno spiacevole equivoco, sembra ormai compromesso.

Il film parla di disforia di genere e si interroga seppur in maniera superficiale e buffa circa il concetto di normalità. Attraverso il filtro comico si esagerano situazioni e si ricorre all'eccentrico e allo sberleffo, prendendo di mira le dinamiche ipocrite del mondo politico e andando a scardinare alcuni pregiudizi sociali.

“Un uomo felice” sottolinea come quelli attuali siano tempi che mettono in crisi, in particolare, gli individui che fanno resistenza al mutamento dello status quo e lo vedono come una minaccia. La narrazione dipinge tale comportamento come ottuso e, alla fine, controproducente. Che l’amore sia fatto di rispetto e venga ispirato prima dall’essenza di una persona e poi da tutto il resto (ivi compresa la sua specifica fisicità) è un concetto un po’ banale ma non per questo trascurabile. Del resto il film funziona ma resta un inno alla prevedibilità.

Tra un gruppo d'aiuto per persone trans e un pranzo di famiglia con annessi imprevisti, “Un uomo felice” suggerisce che oggi, per sopravvivere, la via da privilegiare sia scendere a patti con la realtà in modo da non restarne disorientati; come a dire che nessuno può oramai più permettersi di conservare una mentalità da piccola provincia, pena trovarsi presto sotto shock.

Anziché esplorare il disagio della disarmonia con il corpo d’origine, si cavalca il tema proprio perché in voga e se ne semplifica la spinosità.

Ingentilire contenuti che a molti potrebbero suonare “scabrosi” avvolgendoli di ilare leggerezza è una mossa vincente oltre che intelligente. Insomma, siamo pur sempre in una commedia ed è già un successo se, oltre a divertire, si muove alla riflessione qualcuno che magari è fermo su posizioni oramai anacronistiche.

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