La banca ha consigliato investimenti che si sono rivelati sbagliati? Ebbene, in casi del genere il computo dei 10 anni entro i quali il cliente può chiedere il risarcimento non scatta, come accadeva solitamente, dal momento della sottoscrizione dell'accordo, bensì da quando si è manifestato il danno per il risparmiatore. Ciò ha stabilito la sentenza 32226 della Corte di Cassazione, che ha valutato uno specifico caso relativo a un investimento obbligazioni Lehman Brothers effettuato nel 2003 tramite la Banca Popolare dell’Alto Adige.
I clienti, persone con un basso livello di istruzione e una scarsa dimistichezza per quanto concerne le forme di risparmio, avevano decisio di affidarsi agli esperti dell'istituto di credito per far fruttare i loro risparmi. Chi allora si occupò di gestire questi fondi non scelse di diversificare l'investimento ma lo concentrò interamente su un unico titolo, una decisione quindi molto rischiosa.
La banca si limitò a far sottoscrivere ai risparmiatori una specifica clausola nella quale si dichiarava che l'investimento si discostava dalla strategia concordata, senza, tuttavia, aggiungere un più che necessario chiarimento circa i rischi connessi a un'operazione del genere. Il crack di Lehman Brothers del 2008 comportò la perdita del capitale quasi nella sua totalità, e alla scadenza dei titoli nel 2013 i clienti non ricevettero alcuna restituzione, subendo un pesante contraccolpo.
L'anno successivo, pertanto, furono gli eredi a sporgere denuncia nei confronti dell'istituto di credito, chiedendo non solo l'annullamento/risoluzione del contratto d'investimento, ma anche il risarcimento dei danni: i legali contestarono la violazione degli obblighi informativi previsti dal Regolamento Consob 11522/98, sulla base del quale si impone agli intermediari di non effettuare "operazioni inadeguate". Ciò che accadde, in effetti, visto che il 100% del capitale fu investito su un unico titolo, incrementando i rischi in modo esponenziale.
A nulla valse la sottoscrizione dell'accordo fatto firmare dalla banca, in cui si parlava di incoerenza della linea concordata coi clienti: secondo la Cassazione si trattava di descrizioni sommarie e dalle quali non risultava un'adeguata informazione dei rischi connessi all'unico investimento, alla sua durata decennale e alle incertezze di mercato, già allora evidentemente rilevabili.
Gli Ermellini hanno dunque stabilito il risarcimento, sancendo come limite decennale non già quello decorso dalla data dell'investimento bensì dal momento in cui i risparmiatori hanno acquisito consapevolezza delle perdite subite: la somma da rifondare è stata quantificata sulla base del capitale iniziale a cui sono state detratte le somme già percepite tramite cedole e rimborsi partiti dopo la procedura di insolvenza.
Una sentenza del genere impone pertanto agli istituti di credito, visto il precedente, di conservare la documentazione relativa agli investimenti per un tempo superiore ai 10 anni, dal momento che una contestazione può avvenire anche oltre il termine decennale dall'accordo col cliente: possedere tutte le carte significa avere gli strumenti per difendersi eventualmente in tribunale.
D'altro canto, i clienti che ritengano di essere parte lesa, purché in grado di dimostrare di aver percepito il danno subito dopo la sottoscrizione dell'accordo, possono avviare una causa anche a 10 anni dalla firma sul contratto con la banca.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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