Limite al contante, cosa rischia chi non lo rispetta

Le sanzioni possono essere molto salate sia per chi paga sia per chi riceve i soldi. Ecco cosa bisogna sapere

Limite al contante, cosa rischia chi non lo rispetta

Dal primo gennaio il limite al contate è di 5.000 euro, ciò rende legittimi movimenti di denaro liquido fino a 4.999,99 euro. Una cifra ben superiore ai 1.000 euro del 2022 alzata a 2.000 euro con un emendamento presentato nel decreto Milleproroghe.

Chi dovesse superare la cifra di 4.999,99 euro andrebbe in contro a sanzioni che si estendono sia a chi paga sia a chi riceve i soldi. Le disposizioni hanno un ambito applicativo ampio e includono qualsiasi tipo di operazione, a prescindere anche dai rapporti che intercorrono tra i soggetti.

Ammesse le rate, frazionamenti vietati

L’aumento del limite al contante è una misura adottata dal governo con il fine di sostenere l’economia permettendo ai cittadini e alle imprese una maggiore libertà nell’uso del denaro.

Tuttavia, il tetto non può essere superato ed è difficilmente aggirabile perché, così come stabilito dal decreto legislativo 231/2007, per principio i pagamenti non possono essere frazionati. Per fare un esempio, chi dovesse pagare una cifra di 12.000 euro per un solo acquisto non può procedere con tre pagamenti da 4.000 euro l’uno, inferiori quindi al tetto massimo.

Eccezioni sono previste per quei casi nei quali le parti si sono impegnate per procedere con un pagamento rateale, impegno che deve essere dimostrabile su richiesta delle autorità e che, in ogni caso, non può prevedere il versamento di più tranche in un periodo ristretto di tempo, ossia 7 giorni.

Il limite al contante non si applica soltanto alle classiche transazioni commerciali ma si estende anche alle donazioni. Così, il genitore che volesse dare un sostegno economico ai figli donando loro un importo superiore a 4.999,99 euro è obbligato a farlo mediante mezzo di pagamento tracciabile ossia, tipicamente, un bonifico o un assegno circolare.

Non rientrano nel principio di un limite massimo i versamenti e i prelievi bancari fatti da un cittadino su un conto personale, perché viene a cadere la presenza di un secondo soggetto coinvolto nella transazione. Si tratta di fatti di una condizione difficile da monitorare giacché, per esempio, un libero professionista potrebbe avere incassato per contati il saldo di diverse fatture di piccoli importi, ritrovandosi così in possesso di una somma superiore a 4.999,99 euro e deve avere il diritto di poterla versare sul conto a lui intestato.

Va anche evidenziato che resta valida la possibilità di pagare una fattura in contanti fino al limite massimo e con un metodo tracciabile per la parte eccedente.

Stipendi in contanti, poche eccezioni

Il limite al contante nel versamento di salari e stipendi assume irrilevanza giacché devono essere pagati mediante mezzi tracciabili, così come stabilito dal comma 911, articolo 1, della Legge 205/2017. Norma che non comprende il riconoscimento al lavoratore di altre somme come, per esempio, il rimborso di spese sostenute per conto dell’azienda e, in casi come questi, entra in gioco il limite del contante.

A titolo di chiarezza, sottolineiamo che alcune categorie professionali possono ricevere remunerazioni in contanti, sono eccezioni previste dalla legge e si riducono ai tirocini, ai rapporti autonomi occasionali e i rapporti di lavoro domestico.

Sanzioni per chi paga e per chi accetta

Per principio le sanzioni ricadono sia su chi paga in contanti oltre il limite consentito, sia su chi li accetta.

Unica eccezione riguarda proprio il datore di lavoro, ritenuto l’unico responsabile della violazione.

Le sanzioni previste sono:

  • Da 1.000 a 1.500 euro per i datori di lavoro che non osservano la tracciabilità sancita dalla succitata Legge 205/2017
  • 1.000 euro per chi non rispetta il limite di transazioni in contanti al di sotto dei 5.000 euro
  • 5.000 euro se la transazione effettuata per contati supera i 250.000 euro

Poiché le transazioni superiori ai 5.000 euro devono essere sempre rese note al fisco, l’omissione di tale comunicazione coincide con una sanzione che va dai 3.000 ai 15.000 euro.

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