Nomina dell’avvocato in condominio: quando decide l’amministratore

L’amministratore di condominio può nominare un avvocato senza autorizzazione per le controversie che rientrano nelle sue attribuzioni. Coinvolgere l’assemblea può però evitare polemiche e rafforzare la trasparenza della gestione condominiale

Nomina dell’avvocato in condominio: quando decide l’amministratore
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Quando si parla della gestione di un condominio, una delle domande che emergono spesso riguarda i poteri dell’amministratore, in particolare se possa nominare un avvocato senza il consenso dell’assemblea condominiale. La risposta è generalmente sì: l’amministratore può procedere autonomamente, ma ci sono situazioni specifiche che meritano qualche chiarimento. Vediamo quali.

I poteri dell’amministratore

L’amministratore è la figura incaricata di gestire gli interessi comuni e di rappresentare il condominio sia nei confronti dei condòmini stessi che di terzi. Questo ruolo include una serie di compiti definiti dall’articolo 1130 del Codice civile, come l’esecuzione delle delibere assembleari, la gestione delle parti comuni e la difesa del condominio in situazioni che rientrano tra le sue attribuzioni.

Secondo la legge, per molte azioni legali ordinarie – come difendersi in una causa contro un condomino o recuperare quote non pagate – l’amministratore ha piena autonomia. Questo significa che può scegliere di affidare la difesa del condominio a un avvocato senza bisogno di una preventiva autorizzazione da parte dell’assemblea.

Un esempio classico riguarda le impugnazioni delle delibere assembleari. Se un condòmino decide di contestare una decisione presa in assemblea, l’amministratore può nominare un legale per difendere l’interesse del condominio, senza dover prima consultare gli altri condòmini.

Quando l’autorizzazione non è necessaria

La giurisprudenza ha più volte confermato che l’amministratore ha il diritto di agire autonomamente in giudizio per tutte le controversie che riguardano le sue competenze. La Corte di Cassazione, ad esempio, ha stabilito che la difesa delle delibere assembleari rientra tra i compiti ordinari dell’amministratore, che non deve quindi richiedere una specifica autorizzazione per nominare un avvocato (Cass. n. 8309/2015).

In casi come questi, eventuali delibere assembleari che ratificano la scelta del legale sono considerate solo un “assenso formale” a una decisione che l’amministratore poteva già prendere autonomamente. Questo significa che tali delibere non hanno valore sostanziale e non possono essere impugnate con successo dai condòmini.

Un esempio pratico viene da una recente sentenza (la n. 3502/2024) del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, in cui un condòmino aveva cercato di invalidare una delibera che ratificava la nomina di un avvocato. Il tribunale ha rigettato l’impugnazione, sottolineando che l’amministratore aveva già il potere di conferire il mandato legale e che la delibera non aveva effetti decisivi sulla validità della nomina.

Quando è consigliabile consultare l’assemblea

Esistono però situazioni in cui il coinvolgimento dell’assemblea può essere opportuno, anche se non obbligatorio. Questo avviene in particolare nei casi di:

cause straordinarie o complesse, se la controversia riguarda questioni non ordinarie o situazioni in cui il condominio rischia di sostenere spese significative, è preferibile che l’amministratore ottenga un’esplicita approvazione dell’assemblea per evitare contestazioni;

controversie che coinvolgono solo una parte del condominio, ad esempio, se la causa riguarda esclusivamente i beni comuni di una scala o di un’area specifica del condominio, è utile che la decisione sia condivisa con i condomini interessati.

Se un condòmino impugna una delibera

Un aspetto interessante riguarda i tentativi di impugnazione delle delibere assembleari legate alla nomina di un avvocato. In genere, questi ricorsi non hanno successo, perché le delibere in questione sono considerate mere ratifiche di decisioni già valide prese dall’amministratore. Inoltre, un condòmino può impugnare una delibera solo se dimostra di avere un concreto interesse ad agire.

Un caso esemplare è stato analizzato dal Tribunale di Grosseto (sentenza n.

520/2016), che ha rigettato l’impugnazione di un condòmino perché la delibera contestata non aveva alcun impatto diretto su di lui. La Corte di Cassazione ha poi ribadito che partecipare all’assemblea o essere stati esentati da costi legati alla delibera elimina ogni possibile interesse concreto a contestarla.

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