Clem Sacco, una carriera (surreale) da provocatore

Fu il pioniere della musica demenziale a Milano alla fine degli anni '50. È morto dimenticato

Clem Sacco, una carriera (surreale) da provocatore
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La scomparsa di Clem Sacco, lo scorso 9 marzo, è passata praticamente inosservata. Non che fosse una celebrità, tutt'altro: annoverato tra i pionieri del rock'n'roll in Italia, in compagnia di Celentano, Baby Gate alias Mina, Gaber e Ghigo (quello di Coccinella), di certo non ha raggiunto la fama dei suddetti né ha scritto o interpretato canzoni epocali. Chi si ricorda di Oh mama voglio l'uovo alla coque o Baciami la vena varicosa? Eppure, ben prima di Freak Antoni e dei suoi Skiantos, Sacco fece musica demenziale proponendo testi all'insegna del nonsense e del grottesco. Purtroppo, i tempi non erano maturi; si scontrò con i benpensanti e la sua carriera fu bruscamente interrotta. Diventato oggetto di culto per pochi eletti, venne riscoperto agli inizi degli anni Duemila e godette di un breve ritorno di fiamma da parte del pubblico. Si è spento a Tenerife, dove risiedeva, poco prima di compiere 91 anni.

Classe '33, Clemente Sacco nasce in Egitto come Giuseppe Ungaretti e Filippo Tommaso Marinetti; lui al Cairo, loro due ad Alessandria. Sacco, voce baritonale e fisico scolpito dal decathlon, dopo il ritorno nel Belpaese cerca di sfondare nella lirica, ma non riesce. Abbandona quindi l'opera per il rock, un nuovo genere musicale che stava facendo capolino in Italia. Sul finire degli anni Cinquanta si esibisce alla Maggiolina, un locale milanese, dove lo nota Adriano Celentano. I suoi primi 45 giri cominciano a girare nei juke box, la sua voce piace e ha le phisique du rôle. Soprattutto, i suoi testi sopra le righe e intrisi di demenzialità lo fanno spiccare tra gli altri performer.

Nel 1961 partecipa al «Festival del Rock and roll» del Teatro Smeraldo di Milano; tra i cantanti che si esibiscono c'è proprio Celentano, salutato dalle ovazioni del pubblico. E qui accade il patatrac. Sacco, che viene subito dopo, vuole colpire l'attenzione degli spettatori. Ha la splendida idea di presentarsi a torso nudo e mutande leopardate per cantare Oh mama voglio l'uovo alla coque. Tocco di genio, bersaglia gli spettatori proprio con delle uova sode comprate pochi minuti prima. I giovani in platea vanno in visibilio. È un'uscita che anticipa di vent'anni l'irriverenza degli Skiantos che lanciano ortaggi sul pubblico e che, mi piace pensare, può essere stata ispirata dalla follia di un artista unico, Piero Manzoni, che nel 1960 fece bollire 150 uova, impresse sul guscio la sua impronta di inchiostro nero rendendole autentiche opere d'arte e chiese al pubblico della galleria Azimut di mangiarle in 70 minuti. Cosa che puntualmente accadde. Una performance unica, radicale, provocatoria. Se con Manzoni l'arte si fa dissacrante, il rock'n'roll non può essere da meno, sembra dirci Clem Sacco che non a caso canta «sono matto come il rock»!

I custodi del buongusto non apprezzano però la trovata. Il giorno successivo Krikor Mintangian, patròn di origini armene dell'etichetta Durium, rescinde il contratto e mette Sacco sulla lista nera. L'oltraggio al pubblico pudore, all'epoca, era una cosa seria. Mollato dall'industria discografica e bandito dalla Rai, Sacco vede sfumare i sogni di gloria. Le porte si chiudono una dietro l'altra. Solo l'appoggio di Celentano lo tiene a galla per un po'. Quando il molleggiato parte per fare il militare, Sacco lo sostituisce per quindici mesi cantando al suo posto accompagnato dai Ribelli, la band di punta del clan.

L'ostracismo dei discografici porta Sacco a fondare una propria etichetta per autoprodurre le canzoni del suo nuovo gruppo, I Califfi; i dischi se li vende da solo, parcheggiando un camper di fronte alle Messaggerie Musicali di Milano. Nel frattempo, sbarca il lunario come può: ristoratore, giardiniere, rappresentante. Ma, con moglie e due figli a carico, il piatto piange: accetta anche un contratto all'Alexander Bar, noto ritrovo di omosessuali vicino a Porta Genova, dove per sei mesi si esibisce con lo pseudonimo di Clementina Gay indossando una parrucca bionda e abiti scollati.

La sua avventura musicale è alla fine: dopo un periodo passato a bordo delle navi da crociera, negli anni Ottanta si trasferisce alle Canarie. Si esibisce nei locali di Tenerife finché, inaspettatamente, il giornalista Michele Bovi nel 2003 lo rintraccia e lo convince a tornare alla ribalta.

Sacco partecipa a festival, spettacoli televisivi al fianco di Renzo Arbore, Gene Gnocchi, Carlo Conti, Pupo e si esibisce al Live Club di Trezzo sull'Adda.

I musicisti che nel corso degli anni hanno diviso il palco con Clem Sacco lo ricordano come un artista grintoso e di talento. Un precursore ironico e beffardo, che non ha mai perso il sorriso nelle avversità.

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