La coda letale del mostro chiamato SA-RC

«La penisola in automobile, tutti in automobile al matrimonio, alé! La penisola al volante, questa bella penisola è diventata un volante»: al terzo venerdì di fila che siamo in fila è arrivata la certezza che Piero Ciampi, il livornesaccio che aveva eletto la punta dell’Italia a sua seconda patria, avrà scritto questi versi di Andare camminare lavorare dopo una lunghissima frequentazione della Salerno-Reggio Calabria. La SA-RC è una di quelle esperienze che andrebbero fatte almeno una volta nella vita, come la maratona di New York, la via di Samarcanda, la Route 66 o la Kuala Lumpur-Bangkok. Completata si fa per dire il 13 giugno 1974, la SA-RC è lunga 430 chilometri. Il Mintrasporti la definisce «una via fondamentale per le comunicazioni tra il Italia (sic) Meridionale e gli itinerari europei». Non si paga il pedaggio, e questo introduce un deterrente psicologico che rende un po’ più indulgenti.
Provatela se possibile un venerdì d’estate, diciamo con 35 gradi e 80 per cento d’umidità, e trafficato quanto serve per annusare metro dopo metro l’asfalto antico, quello nuovo e quello nuovissimo che trovate al vostro fianco nelle carreggiate ancora chiuse agli automobilisti. Spegnete Radio Subasio e non smadonnate quando a SA lo svincolo per RC si fa piccino piccino e un Tir sgomita per passarvi avanti. Così la SA-RC diventa una fantastica esperienza in bianco e nero, un paradosso spaziotemporale dove più andate avanti (antiche leggende narrano che all’altezza di Lagonegro, dove vigilano fotocamere intolleranti, si può trovare il limite dei 10 km all’ora), e più fate retromarcia verso il passato.
Non per la solita storia che sono trent’anni e ancora non l’hanno finita, la SA-RC. Ma perché c’è la storia d’Italia, sulla SA-RC. Perché troviamo, dolci come i ricordi delle nonnine, le Mercedes e le Volvo battenti bandiera belga, tedesca o svizzera cariche d’emigrati di seconda e terza generazione che: 1) rispettano marziali i limiti di velocità e si infastidiscono se qualcuno osa segnalare con gli abbaglianti (socializzazione nordica); 2) se però li accosti dalle parti di Battipaglia, quando l’illusione delle tre corsie si trasforma magicamente nella corsia unica e tutti ci incolonniamo a passo d’uomo, dietro il deflettore senti una mamma che urla: «Vicé, alza l’aria che ’u sfaccimmiello tiene caldo». Dove sfaccimmiello, sulla cui radice linguistica preferiamo sorvolare, sta per poppante, piccirillo.
Alla sesta ora di fila causa incidente, rallentamento, lavori in corso, liquidi per terra, scivolamento sassi, l’esperienza diventa il miraggio a colori di un autogrill all inclusive. E annotiamo: «Cristo si è fermato a Eboli per non dover arrivare fino a Campotenese». Si possono sempre prendere deviazioni «consigliate», però finisce la magia.

Venendo invece da RC verso SA, appena arrivate in Campania c’è una stazione di servizio carinissima che quando prendi l’uscita incominci una gimcana di cartelli e alla fine la stazione non la trovi e hai fatto inversione di marcia. Strepitosa, la SA-RC.
(1. Continua)

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