Il colore della luce dipende da un filato

Il tessuto di Lineapiù Italia si presta a mille sfumature grazie ai pigmenti fotosensibili

Lucia Serlenga

«L'amore è una parola di luce, scritta da una mano di luce, su una pagina di luce» dice il poeta Khalil Gibran. La ricerca di luce ha creato Lumen, nuovo filato fotosensibile di Lineapiù Italia. Una fettuccia di cotone spalmata di pigmenti fotosensibili, apparentemente trasparenti alla normale luce artificiale, ma che, se esposti a fonti dirette di raggi ultravioletti, si attivano prendendo inedite sfumature cromatiche grazie a un processo tecnologico di «spalmatura in continuo».

Di ricerca e innovazione parliamo con Alessandro Bastagli, imprenditore illuminato che dal 2010 è presidente del consiglio di amministrazione e azionista di riferimento di Lineapiù Italia, l'azienda di Capalle (Firenze) nata nel 1975, divenuta celebre in tutto il mondo grazie ai contenuti creativi dei suoi filati per maglieria proposti nelle collezioni Lineapiù, filati fantasia e classici ad alto contenuto moda e Filclass, per una maglieria giovane.

Come è stato accolto Lumen a Pitti Filati di Firenze?

«Ha suscitato tante reazioni positive e altrettante richieste di campionature. Del resto Lineapiù è un brand di riferimento per le maison del lusso nel settore dei filati fantasia. E lavorare per le grandi firme significa proporre una costante innovazione, al passo con la velocità dello shopping».

Chi si occupa della ricerca?

«Abbiamo un reparto Ricerca e Innovazione al nostro interno che progetta oltre 100 nuovi fili a stagione. Per ottenerli se ne testano circa 400. 

Il mercato è sempre più veloce nel recepire nuove idee?

«I clienti ci dicono: osate, create, inventate, non abbiate paura. In generale ci sono i leader ovvero i precursori e i follower, quelli che comprendono una o due stagioni dopo. Il filato di carta che abbiamo presentato l'anno scorso è stato molto apprezzato ma recepito dopo un po'. In compenso abbiamo filati best-seller da anni. Vedi le nostre viscose».

Cos'hanno di speciale?

«Una volta la gente odiava la viscosa perché ignorava la sua origine naturale. Il nostro primo filato in 100% viscosa lo abbiamo introdotto nel 1987. Oggi abbiamo l'esclusiva mondiale di Lyocell, viscosa a bava piatta continua, ecosostenibile, in perfetta sintonia con le attuali tendenze».

Quali sono state le altre invenzioni Lineapiù?

«Alcuni filati hanno rivoluzionato la storia della maglieria: nel 1990 ebbe un grande successo il filo Relax con una percentuale di carbonio al suo interno, perfetto contro l'inquinamento elettromagnetico. Poi arrivò, agli inizi del 2000, il filo d'aria, vuoto dentro, leggero e vaporoso, per proteggere dagli sbalzi termici».

Perché è necessario essere sempre più innovativi?

«Perché gli armadi di tutti sono pieni e quindi il consumatore acquista secondo le emozioni che un prodotto accende».

Su cosa puntate?

«Facciamo cose uniche soprattutto sotto il profilo della lavorazione. Bisogna saper mischiare, trattare, lavorare con una certa complessità per rendere difficile la vita dei copiatori.

È come essere in una cucina da Masterchef...

«Sì, tutti hanno a disposizione le stesse materie prime, ma i grandi risultati li ottiene solo chi le mette insieme in modo creativo».

Cosa c'è di nuovo nella vostra «cucina»?

«Arriviamo a modificare internamente le macchine per progettare fili di difficile riproducibilità. Ogni stagione proponiamo 4/5 fili eccezionali e quindi inimitabili».

Avete anche un archivio fantastico...

«Nell'Archivio Storico Lineapiù allestito nella nostra sede di Capalle si possono vedere, fra gli oltre 33mila elementi, tutte le 250 collezioni di filati creati finora, oltre 9000 punti e telini sperimentali, le creazioni dei grandi stilisti che si sono avvalsi dei filati Lineapiù».

Ci sono nuovi arrivi?

«A luglio inaugureremo la Sala dei Rari, una collezione di pizzi antichi, oltre 400 pezzi, tra frammenti e teli molto grand».

Cosa muove tutto questo impegno?

«Tanta passione, un bellissimo gioco di squadra, un'orchestra di elementi eccellenti».

Lei è il direttore di quest'orchestra?

«Certo: quando sono arrivato in Lineapiù c'erano non solo i musicisti ma anche una clientela che non ha mai smesso di credere nelle capacità di una grande realtà italiana».

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