Colpo in banca da film: salvi dieci ostaggi

Un’indagine e un finale degni del miglior film giallo: i carabinieri sulle tracce di un’astutissima banda di rapinatori, la banca attaccata, gli ostaggi, l’attesa dell’apertura del caveau. E ancora: l’isolato circondato, la fuga sui tetti. Poi i «buoni» vincono e i sei balordi finiscono in galera. Gente pericolosa, banditi di Quarto Oggiaro, ora sospettati di un’altra decina di assalti simili tra Milano e Pavia.
E se di pellicola si tratta, il titolo potrebbe essere «Gli ultimi banditi a Milano», perché di una banda così, se n’erano da tempo perso le tracce. Rapinatori astuti, scrupolosi, e pericolosi: avendo ormai passato metà della vita in galera, non hanno più paura di nulla. Gli uomini della II sezione del Nucleo investigativo comunque li stavano tenendo sotto controllo da mesi. Erano tutti usciti di galera più o meno un paio di anni fa e non erano certo tipi da rimanere con le mani in mano. Ma era difficile beccarli: spostamenti continui, poche telefonate, frequenti cambi di schede sim. E poi abilissimi nel meticoloso lavoro di preparazione del colpo. I militari hanno infatti scoperto che tenevano sotto controllo una quindicina di istituti di credito. Usando telecamere nascosta in un pacchetto di fazzoletti di carta lasciati sul lunotto di un’auto. In questo modo potevano avere al secondo gli orari degli impiegati, della consegna e del ritiro del denaro, tutto insomma.
E l’altro pomeriggio alle 15.15 arriva il momento del colpo. La banda ne aveva tre o quattro nel mirino e solo all’ultimo momento i carabinieri scoprono che il bersaglio è l’agenzia Intesa-San Paolo all’angolo tra via Binda e via Ponti alla Barona. A coordinare il colpo Luciano Beccali, 44 anni, che per prima cosa posizione i due pali: Maurizio Santoro, 43 anni, si siede al bar, Salvatore Madda, 41, in auto a controllare il quartiere. Quindi il capo manda dentro prima Maurizio Tripi, 44 anni, e Michele Mennoia, 35 anni, vestiti da donne, poi suo fratello Oscar, 45 anni. All’interno i tre spianano le armi e prendono in ostaggio una decina di persone tra impiegati e clienti, li ammucchiano in un angolo a si apprestano ad attendere l’apertura del caveau: nelle cassette non meno di un milione tra contanti, valori, titoli e gioielli.
Ma quel punto arrivano i «nostri» una cinquantina di militari che lentamente iniziano a circondare la zona. Luciano Beccali li vede, lancia l’allarme e scappa, ma è troppo tardi. Santoro e Madda vengono bloccati senza opporre resistenza: il palo del resto non è mai armato. Poi un maresciallo della II sezione chiama al cellulare uno dei banditi dentro. Lui rimane di stucco. I tre decidono di non tentare il tutto per tutto e cioè asserragliarsi in banca o coprirsi la fuga con gli ostaggi. Escono da una porta secondaria e si infilano in un condominio. Oscar Beccali prova a scappare sui tetti, le due «donne» suonano a una porta, una signora apre, la minacciano con le armi. Si fanno dare dei vestiti maschili con cui cambiarsi e poi via in strada. Ma uno dopo l’altro vengono individuati e ammanettati.

Rimane solo Luciano Beccali: lo beccano a casa, in via Traversi a Quarto Oggiaro: sta facendo la borsa per darsi alla latitanza. I militari perquisiscono le abitazioni e saltano fuori occhiali neri, parrucche, travestimenti, radio ricetrasmittenti, cartucce a pallettoni, altre due pistole. Un arsenale di prim’ordine.

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