Guerra civile in Vietnam, un colpo di pistola entrato nei libri di storia

Il 1° febbraio '68, durante la guerra civile tra nord e sud Vietnam, il capo della polizia di Saigon venne ripreso mentre sparava a un ufficiale vietcong con le mani legate. La foto vinse il Pulitzer e condannò l'uomo che aveva premuto il grilletto

La foto di Eddie Adams diventata simbolo della guerra del Vietnam
La foto di Eddie Adams diventata simbolo della guerra del Vietnam

«Il generale uccise il Viet Cong con la pistola. Io uccisi il Generale con la mia macchina fotografica» qualche anno aver scattato una delle più famose foto del Novecento, il suo autore Eddie Adams fece pubblica ammenda. Rendendosi conto di avere fermato quel 1° febbraio del 1968 su pellicole un atto brutale ma tutto sommato «normale» in un conflitto civile fatto, come sempre, di grandi crudeltà da entrambe le parti. Mentre l'alto ufficiale, Nguyen Ngoc Loan, alla fine della guerra tra nord e sud Vietnam, dovette riparare negli Stati Uniti, passando la sua vita a fuggire da tutti quelli che lo rivonoscevano e lo insultavano per quell'immagine diventata un'icona della «sporca guerra».

All'epoca della foto, la regione asiatica era immerso ormai da dieci anni negli orrori della guerra: prima quella di liberazione dai francesi che dal 1858 dominavano il Paese, poi quella civile tra nord e sud. Nguyen Cao Ky, primo ministro della repubblica meridionale, nel 1966 si trovò a fronteggiare una rivolta interna capeggiata da monaci buddisti a cui si erano unite bande di giovani e le truppe del generale Nguyen Thi Chanh. Per domare i tumulti, mandò il 36enne colonnello Nguyen Ngoc Loan. L'ufficiale rastrellò la città con i carriarmati facendo poi massacrare parecchie centinaia di soldati ribelli e oltre cento civili. Divenne così il braccio armato del presidente che lo promosse a generale di brigata e lo mise a capo delle forze di polizia.

Il Paese però sprofondò sempre più nella violenza, nonostante il massiccio aiuto degli Stati Uniti che inviarono mezzo milioni di soldati e un numero incalcabile di mezzi. E come in tutte le guerre civili, innumerevoli furono gli episodi di crudeltà. Spessò quando sudvietnamiti e americani arrivavano in un villaggio massacravano tutti i contadini che avevano collaborato con i vietcong. Che, a loro volta, facevano lo stesso quando tornavano. Nella notte tra il 30 e il 31 gennaio del 1968, i comunisti scatenarono un attacco su vasta scala, passato alla storia come l' «Offensiva del Têt» che nella lingua locale significa «capodanno». I combattimenti si svolsero praticamente in tutte le maggiori città del Sud e attonro alla base statunitense di Khe Sanh. I sanguinosi assalti non portarono però a nessun risultato pratico dal punto di vista strategico, i vietcong non riuscirono a espugnare la base americana, penetrarono nei principali centri abitati senza però riuscire a tenerli. Già il 31 iniziava la controffensiva e soprattutto i rastrellamenti dei guerriglieri rimasti ancora in zona di guerra.

Tra questi Nguyen Van Lém, giovane ufficiale dell'esercito vietcong. L'uomo venne portato con le mani legate dietro la schiena al generale che, curiosamente, portava il suo stesso cognome. Il capo della polizia estrasse il suo revolver lo puntò alla tempia destra dell'ufficiale e sparò. Proprio davanti a un operatore delle rete televisiva Nbc e al fotografo Eddie Adams che immortalarono la brutale esecuzione. In particolare la foto, insieme a quella della bimba che corre nuda e ustionata dal napalm in mezzo a una risaia, divenne presto un'icona del conflitto nel sud est asiatico. Indicando al mondo intero Nguyen Ngoc Loan come un brutale assassino. Le conseguenze non tardarono. Qualche mese dopo il generale fu falciato da una raffica di mitragliatrice. Si salvò, ma ci rimise un gamba. In ospedale venne intervistato da Oriana Fallaci a cui spiegò: «Non aveva l'uniforme. E io non riesco a rispettare un uomo che spara senza indossar l'uniforme. Perché è troppo comodo: ammazzi e non sei riconosciuto. Un nordvietnamita io lo rispetto perché è vestito da soldato come me, e quindi rischia come me. Ma un vietcong in borghese...». Ristabilito, ritornò a dirigere la polizia del Vietnam del sud, difendendo eroicamente Saigon anche durante gli ultimi disperati giorni della caduta. A fine conflitto nel 1975, si rifugiò in America e aprì una pizzeria nei dintorni di Washington ma fu rapidamente riconosciuto e si trovò sulla porta d'ingresso il cartello «Sappiamno chi sei, bastardo». L'ex capo della polizia dovette chiudere il locale e passare il resto dei suoi giorni agli «arresti domiciliari».

Nel fattempo Adams ripensò a quello scatto, che gli aveva fatto vincere il Pulitzer nel 1969, fino a quando in un'intervista recitò il mea culpa. «Il generale uccise il Viet Cong, io uccisi il generale. Tuttora le fotografie sono le armi più potenti del mondo. La gente crede loro, ma le fotografie mentono, anche senza essere manipolate. Sono soltanto metà della verità. La cosa che la fotografia non ha detto è: "Che cosa avreste fatto voi nei panni del generale, a quell'ora, in quel posto e in quel giorno caldo, avendo catturato il cosiddetto cattivo dopo che questi ha fatto fuori uno, due o tre soldati americani?"». Il fotografo volle incontrare il generale e scusarsi con lui e con la sua famiglia.

Ma ormai Nguyen Ngoc Loan era solo un relitto della storia, per di più perdente. Morì di cancro il 14 luglio del 1998, in un casetta di Burke, in Virginia, un sobborgo di Washington, distretto di Columbia. Di lui resterà per sempre quel colpo di pistola sparato a bruciapelo in una strada di Saigon.

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