«Coltelli e mannaie per Catania» E l’assessore diventa star sul web

Spopola il video della scrittrice Silvana Grasso: «Politici ignoranti, taglio teste per la Cultura»

da Milano

«Pronto?»
Buongiorno. Parlo con Silvana Grasso, assessore alla cultura del Comune di Catania?
«Sono io».
Disturbo?
«Sa, la vita di un assessore non è facile per una come me che fa l’assessore con le armi».
Allora è proprio vero. Sul sito internet youtube spopola una sua intervista in cui a un certo punto brandisce una sega e minaccia di tagliare le teste.
«Me l’ha regalata un falegname catanese. Mi piace perché ha i denti affilati come un pescecane. L’ideale quando voglio provocare lunghe agonie».
Perché, ha anche altre armi?
«Roncola, cesoia, machete...».
Il machete?
«Il migliore: ne faccio fuori cinque in un colpo solo».
Metaforicamente?
«Certo. In Sicilia per fare l’assessore alla Cultura ti devi armare: non servono il logos e la laurea in filologia classica, ma la cesoia e la roncola».
Lei è un’intellettuale.
«Parlo correntemente greco e latino, ho due lauree, scrivo libri tradotti in quasi tutto il mondo. Eppure dopo quel video mi hanno paragonato a Vanna Marchi. Potrei querelare».
Il perfetto assessore alla Cultura.
«Quando mi hanno chiamata, pensavo che il mio corredo culturale bastasse. Poi ho capito che con quello non sarei riuscita a far aprire nemmeno un cesso».
Che vuol dire?
«Catania è una miniera d’oro per l’arte. Potrebbe vivere solo di turismo culturale».
E invece?
«Chiese barocche chiuse, tele straordinarie abbandonate, reperti dimenticati. Restauri milionari mai finiti. E ora non c’è una lira».
Per questo imbraccia la sega?
«Io per i beni culturali mi lascerò morire».
Perché nel video mostra una confezione di pillole?
«La mia colite spastica è alle stelle. Tutti i miei intestini sono arrabbiati».
Colpa dei politici?
«Certo. Per ignoranza, ottusità, cialtroneria».
Un esempio?
«Ieri in Consiglio comunale ho esordito citando Cicerone. Un consigliere ha protestato: “Non ci insulti”. E il presidente mi ha invitato a non uscire fuori tema».
E lei?
«L’ho mandato a fare in c...».
L’iniziativa di cui va più orgogliosa?
«Per risparmiare, ho curato personalmente una mostra passando ventiquattro notti nel castello Ursino».
Sola?
«Col conforto della luna».
Com’è arrivata a fare l’assessore?
«Sul Corriere della sera esce una pagina intera con una mia splendida foto. Sa, sono una bella donna, una creatura sulfurea. Berlusconi la vede e dice a Scapagnini: “Umberto, cercatela”».
Scapagnini lo conosceva?
«No. Lui si occupava di molecole, io di Proust».
E la politica?
«Pensi, quando mi ha chiamata ero in corsa con una mia lista civica di centrosinistra a Gela».
E come si chiamava?
«Il coccodrillo».
Ancora sangue.
«Mi piace colpire al ventre: vengono fuori le budella».
Per favore, basta metafore.
«Vede, i politici italiani sono hegeliani. Orientati alla filosofia. Se in questa stratosfera intellettuale immettiamo un gettito di sangue, verranno leggi migliori».
In città è considerata un personaggio.
«Mi chiamano Giovanna d’Arco. Mi adorano».
I rapporti con gli altri assessori come sono?
«All’inizio mi hanno tolto il saluto».
Come mai?
«La mia prima uscita da assessore tre mesi fa è stata in pescheria con tutte le tv. Chiedevo provocatoriamente “Quanto costa un chilo di cultura?” Poi ho alzato un polpo e ho detto: “Ah, se ci fosse lui al posto degli assessori...». I quali non hanno capito la metafora».
Nemmeno io.
«Il polpo rappresenta la cultura, che tutto abbraccia».
Poteva spiegarlo anche a loro, no?
«L’ho fatto. Ma se la sono legata al dito perché qui purpu significa anche frocio».
Ah, ecco.
«Qui si vive ancora il machismo brancatiano. La virilità è caput civitatis, io ho fatto un golpe».


A proposito, su internet girano alcuni video in cui lei cerca un fidanzato.
«Vero. Deve avere l’intelligenza del centauro, la generosità di Prometeo incatenato, l’eroismo di Aiace».
Ah, la cultura classica...
«Se un uomo confonde Saffo con Anacreonte, gli sputo in un occhio».

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