Un museo «che è un laboratorio dove non è mai lunedì» (giorno tradizionale di chiusura) e dove tornare più e più volte perché le collezioni si rinnovano, perché «non siamo in un contenitore di bellezza, ma dentro un meccanismo di emancipazione culturale». Ci dice tutte queste cose Simone Verde, direttore del Complesso della Pilotta, a Parma, mosso da quel sano attivismo che qui come altrove (Brera, Capodimonte, Uffizi, GNU), sta facendo del bene ai musei nazionali. Verde si muove a passo svelto tra i 40mila mq espositivi della Galleria Nazionale: dopo sei anni di lavori (e burocrazie varie) ha riallestito ventinove sale, restaurato una sessantina di opere e oltre un centinaio di cornici, dedicato una serie di ambienti, sette, agli esponenti più significativi della cosiddetta scuola emiliana tra il Cinque e il Seicento, valorizzando talenti puri e poco noti come il delicato manierista Girolamo Mazzola Bedoli e il barocco e caravaggesco Bartolomeo Schedoni.
Siamo alla Pilotta, cinque minuti a piedi dalla stazione: qui, dove un tempo si praticava il nobile gioco della pelota, tutto è bello e niente è facile. Gli esterni patiscono ancora vandalismi notturni, specie nell'ampio cortile centrale, spazio verde aperto a tutti, mentre gli interni della Galleria sono connotati dall'allestimento, squisitamente anni Settanta, con tubi bianchi in bella vista, dell'architetto Guido Canali.
È difficile intervenire da queste parti. Concepita per i servizi della corte dei Farnese come cittadella connessa con (l'oggi distrutto) palazzo Ducale, la Pilotta conteneva un labirinto di magazzini, scuderie, caserme. Col ducato dei Borbone, nel Settecento, cambia pelle e accoglie la quadreria e una raccolta libraria; oggi è un complesso monumentale come pochi in Italia, con vari istituti (la Galleria Nazionale, la Biblioteca Palatina, il Museo Archeologico, il Museo Bodoniano, il Teatro Farnese) dal 2016 riuniti.
La Galleria Nazionale apre ora al pubblico la sua Ala Nord alta, la Passerella Farnese e la Galleria del Teatro e nell'attesa Verde ci assicura che è solo questione di mesi del nuovo allestimento dell'Archeologico e del rifacimento del piazzale interno, ci gustiamo queste novità, inclusa una gradevole area ristoro (per l'abbattimento delle barriere architettoniche e le migliorie all'illuminazione si aspettano i fondi del PNNR). La difficoltà maggiore della Pilotta è orientarsi e trovare un fil rouge: i musei sono tanti, la collezione della sola Galleria Nazionale è bulimica tanto quanto lo furono i Farnese. E se la seducente Scapiliata di Leonardo da Vinci, sulla parete di sinistra di una delle prime sale, è la star del percorso «ristabilito», per usare le parole di Verde, a una maggiore fruibilità, la Passerella Farnese che accoglie con un allestimento sospeso il ricco medagliere ducale è una vera chicca.
Le sette nuove sale dell'Ala Nord permettono un bel viaggio dalla pittura emiliana, dove spicca un notevole Autoritratto di Annibale Carracci, fino a quella fiamminga, tanto amata nel Ducato, tra restauri importanti e lucernari chiusi per evitare che la luce radente disturbi la visione delle pale più ampie. È enciclopedica la Galleria, seve una pausa.
Entriamo allora nell'adiacente Teatro Farnese, nato per spettacoli effimeri nel Seicento e caparbiamente rimasto in piedi (bombardato durante la guerra, è tutto rifatto): da oggi un suggestivo videomapping con proiezioni e suoni ne rinnova gli antichi fasti mentre nelle sottogradinate troviamo documenti, dipinti e volumi d'epoca che raccontano la storia di questo gioiello della sbalorditiva Pilotta di Parma.
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