Concessionari sotto la lente Settore alle prese con i margini

Stretti tra il martello della crisi dell’auto e l’incudine di un’incertezza diffusa che, insieme al calo dei volumi d’affari e dei margini, porta con sé un inevitabile aumento dei rischi d’impresa, i grandi concessionari italiani ed europei rinserrano le fila. Le politiche d’incentivo adottate dai governi hanno puntellato il mercato sostenendo le vendite di vetture dei segmenti più bassi, cui in gran parte corrispondono i modelli meno inquinanti, senza incidere però sulle fasce superiori.
Così, a fronte di una sostanziale tenuta complessiva dei volumi, il comparto rivela la forte sofferenza dei marchi premium e dei brand dell’alto di gamma, e una sensibile riduzione del fatturato per la maggioranza dei concessionari. E non vi sono segnali in prospettiva che annuncino un’inversione di tendenza: se, infatti, gran parte degli analisti prevede nel 2010 una riduzione delle immatricolazioni di almeno il 10%, dopo che quest’anno si assisterà probabilmente a una contrazione inferiore al 5%, la ripresa generale difficilmente potrà affacciarsi prima della fine del 2011. Come attesta l’osservatorio congiunto della società di analisi Quintegia e di Icdp, il network di ricerca International car distribution programme, la crisi ha accelerato il processo di concentrazione delle reti già in atto da qualche anno e portato alcuni operatori a uscire dal mercato. Peraltro, dalle rilevazioni condotte nei singoli Paesi europei si evidenziano importanti differenze: se in Italia ai 50 concessionari più grandi si ascrive il 18% del venduto, stabile tra 2007 e 2008 sulle 400mila vetture per un fatturato poco sopra i 9 miliardi, e se una situazione simile si registra anche in Germania, con la quota dei 50 maggiori operatori ferma al 16,5%, in Gran Bretagna l’immatricolato dei dealer top 50 cala lievemente nel periodo per attestarsi al 33% del mercato; accade l’opposto, invece, in Francia, dove i 50 gruppi principali continuano ad aumentare la propria penetrazione, raggiugendo il 26,5% del totale.
«Per tutti - sottolineano i curatori dell’osservatorio - il dato certo è il calo delle performance e dei margini, elementi di forte rischio data la necessità di rilevanti investimenti per finanziare gli stock di auto nuove e usate e di ricambi, e per far fronte agli standard richiesti per gli showroom di vendita». Dallo studio condotto da Quintegia in Italia emerge, in particolare, un calo netto della marginalità sui ricavi delle vendite: «Il Ros medio dei 50 maggiori concessionari è passato dall’1,9% del 2006 al 1,16% del 2008. A questo si aggiunge l’aumento del peso degli interessi passivi sul fatturato», salito nell’ultimo anno del 21% soprattutto a causa del lievitare degli stock. Così, per fronteggiare il calo della domanda e del venduto, «nella seconda metà del 2008 e nel 2009 i dealer top 50 hanno reagito con iniziative tese a contenere i costi fissi: innanzitutto razionalizzando il numero di sedi dedicate alla vendita e all’assistenza dislocate sul territorio, spesso con l’effetto di una presenza meno capillare e, quando possibile, con la riduzione degli organici. Altri, invece, hanno puntato a variabilizzare i compensi degli addetti alle diverse aree di business, dalla vendita all’assistenza e al back office». Poi, con l’obiettivo di ridurre l’esposizione nei confronti delle banche e mantenere le linee di credito, molti hanno cercato di snellire gli stock di vetture già in casa, contenendo al contempo le permute che sottraggono liquidità. «I grandi gruppi - sottolineano gli analisti di Quintegia - avranno un ruolo chiave e grandi opportunità di crescita a patto che abbiano la forza di rivedere il loro modello organizzativo e gestionale.

Post vendita e usato possono garantire buoni ritorni e ampi spazi di manovra si rilevano nel marketing e nella comunicazione, che, se non richiedono importanti investimenti, necessitano però di un approccio originale e innovativo».

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