Conti, i sindacati non ci stanno e impallinano Padoa-Schioppa

Basta con gli annunci e le chiacchiere. Il ministro parla solo di sacrifici per lavoratori e pensionati

Gian Battista Bozzo

da Roma

Un vero e proprio fuoco di sbarramento si abbatte sulle sortite di Tommaso Padoa-Schioppa. I sindacati sono infuriati per l’atteggiamento del ministro dell’Economia, che lancia continui allarmi sui conti pubblici e qualche ballon d’essai su tagli e risparmi - l’ultimo sulla scuola - ma non tira fuori una cifra che sia una. «Ogni giorno c’è un allarme - si lamenta Guglielmo Epifani -: non mi pare il modo giusto per affrontare il risanamento, perché si trasmette al Paese un messaggio di precarietà». E nella stessa maggioranza, l’insofferenza verso questa strategia monta di giorno in giorno. Tanto che lo stesso Francesco Rutelli deve intervenire a rassicurare gli italiani: «Non c’è nessuna cura da cavallo all’orizzonte», dice il vicepremier. «Non sono le famiglie - aggiunge il ministro Rosy Bindi - a dover pagare il prezzo del risanamento dei conti pubblici». E Paolo Ferrero, ministro della Solidarietà sociale, rincara la dose: «Va bene la manovra, ma una cura pesante è inaccettabile».
Di manovra bis non si sarebbe discusso durante il breve Consiglio dei ministri di ieri. Nel pomeriggio, Padoa-Schioppa è stato convocato a palazzo Chigi per un’ora di colloquio con Romano Prodi. La raffica di critiche da parte dei sindacati non può aver fatto piacere al Professore. «Affidarsi solo ad annunci a tinte fosche non è una politica economica - ha tuonato il segretario della Cisl Raffele Bonanni -: è arrivato il momento di conoscere la vera politica economica di questo governo. È passato un mese e mezzo dall’insediamento di Prodi, vorremmo incontrarci... siamo già off limits». In realtà, Prodi e i leader confederali si sono visti a pranzo qualche giorno fa, ma senza parlare di cifre e di misure concrete. Tutto è avvolto nella nebbia. Ma l’ipotesi di tagli nel settore pubblico irrita Cgil, Cisl e Uil. La Cgil considera «sbagliata» l’ipotesi di una cura pesante che incida sui settori sensibili di sanità e previdenza. «Il governo sta partendo con il piede sbagliato», attacca il segretario confederale Uil Antonio Foccillo. Il possibile rinvio biennale dei contratti nel pubblico impiego è considerato «inaccettabile».
È, in particolare, l’ipotesi di tagli nella scuola a scuotere i sindacati. Il ministro dell’Economia avrebbe pensato a ridurre il numero degli insegnanti, argomentando che «non è possibile che ci siano tre insegnanti per classi di tredici bambini». Fulmini e saette. Il segretario della Cgil-Funzione pubblica Carlo Podda parla già di sciopero nazionale «inevitabile» se i tagli e il rinvio dei contratti saranno confermati. «Ai grandi problemi deva accompagnarsi una grande strategia, altrimenti a fare i tagli basta un commercialista», avverte il segretario della Cisl Funzione pubblica, Rino Tarelli. «Le risorse per l’istruzione non possono essere ridotte, già l’Italia spende meno degli altri Paesi europei», avverte il segretario della Ui-Scuola, Massimo di Menna. E lo stesso ministro Beppe Fioroni deve intervenire ricordando che «tagliare gli sprechi è fondamentale, ma solo se questo non si traduce in una decurtazione dei diritti». Fioroni annuncia la creazione di un gruppo di lavoro anti-sprechi al dicastero di viale Trastevere, ricordando però che la scuola «non va penalizzata, ma gratificata».
Il fine settimana servirà a Prodi e Padoa-Schioppa per riflettere sui primi esiti della strategia dell’allarme, confezionata per giustificare una manovra correttiva molto pesante dei conti pubblici. Lunedì, all’apertura del Congresso della Uil, le reazioni arriveranno forti e chiare. Martedì sulla «manovra pesante» si esprimerà il Direttivo della Cgil. E le parole di Epifani non lasciano intravedere nulla di buono per «Tps».

Quanto alla Cisl, il segretario Bonanni non si perde in circonlocuzioni: «Parlare di tagli a scuola, sanità e pensioni non mi sembra corrisponda al programma dell’Unione. La cura pesante riguardi gli evasori e le rendite finanziarie: non vogliamo sentire altro».

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