Continua il giallo degli esodati L’Inps gela i prof: sono 390mila

RomaUna tegola di enormi proporzioni s’abbatte in queste ore sul governo. Riguarda i cosiddetti esodati, lavoratori che sulla base delle norme previdenziali precedenti al decreto «salva Italia», hanno più o meno volontariamente lasciato l’attività per raggiungere il pensionamento dopo un periodo di «limbo», né lavoro e né pensione. Col «salva Italia» le norme per il pensionamento sono però cambiate, i tempi si sono allungati, e sono moltissimi i lavoratori che rischiano di restare senza stipendio e senza pensione per quattro, cinque anni. Il governo ne ha salvati 65mila per 24 mesi, concedendo loro l’applicazione delle vecchie regole. Ma la questione è ben più ampia: l’Inps certifica infatti che gli esodati potenziali sono 390.200. Una cifra da capogiro. Tanto che in serata il ministro Elsa Fornero ha convocato d’urgenza il presidente dell’Inps Antonio Mastrapasqua e il dg Mauro Nori.
Ma c’è di più. La relazione dell’Inps al ministro del Lavoro, firmata dal direttore generale, è giunta sul tavolo di Elsa Fornero prima della firma del decreto che fissa in 65mila il lavoratori salvaguardati. Dunque, il ministro sapeva che il problema riguardava non 65mila cittadini italiani, ma oltre 390mila. Però nessuno ha fiatato. Il governo ha adottato i criteri restrittivi messi a punto dai ministri dell’Economia e del Lavoro, e chi sosteneva che gli esodati fossero molti di più ha gridato al deserto. Solo per fare un esempio, l’Inps calcola che gli esodati autorizzati ai versamenti volontari e i cosiddetti «cessati», ovvero usciti da lavoro per licenziamento, dimissioni o altre cause fra il 2009 e il 2011, siano rispettivamente 133mila e 180mila. Il decreto del governo approvato la settimana passata ne salva 10.250 e 6.890. Poi ci sono i «cessati» per mobilità, ordinaria e lunga, per fondi di solidarietà, per congedo straordinario in caso di figli gravemente disabili. Alla fine si arriva a quota 390mila.
I sindacati reclamano, a questo punto, la riapertura della trattativa col governo. «Avevamo detto che il numero era superiore alle 300mila persone, e va cercata una soluzione per tutti - dice il segretario della Cisl Raffaele Bonanni -: con la riforma si risparmiano 140 miliardi in dieci anni, le risorse si possono trovare». E c’è imbarazzo anche in un sostenitore convinto del governo come il segretario Pd Pier Luigi Bersani: «Bisogna trovare una soluzione. Iniziamo coi 65mila, e poi andiamo avanti con gli altri». L’ex ministro del Lavoro Cesare Damiano chiede al governo di chiarire la situazione in Parlamento, smettendo di giocare con le parole. E Luigi Angeletti allarga la critica all’intera riforma del lavoro che «non piace a nessuno, tranne che a Monti e alla Fornero. Senza la fiducia - prevede il segretario della Uil - non passa». Antonio Di Pietro accusa la Fornero di non aver saputo fare il suo mestiere, e di giocare con la pelle dei lavoratori. Maurizio Gasparri (Pdl) definisce il governo «superficiale e cinico» sulla questione.
Allarmato per l’impatto devastante della notizia messa in rete dall’Ansa, l’Inps cerca di salvare capra e cavoli, ribadendo che i «salvaguardati» sono e restano 65mila, e non ci sono altre stime. Nessuno lo mette in dubbio. Il problema riguarda gli altri 325mila. E comunque continua il balletto delle cifre.

Si era parlato, nei mesi scorsi, di 70mila, 130mila, 300mila e adesso siamo vicini a quota 400mila. «Se questi sono i numeri - commenta il vicepresidente della commissione Lavoro della Camera, Giuliano Cazzola - serve una soluzione strutturale, non una transizione che duri anni ed anni».

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