"Contrabbando, non c'è differenza tra sigarette e tabacco da narghilé"

Il gup ribalta una sentenza di altri giudici secondo cui la legge punisce solo il traffico illecito di sigari e «bionde»: 10 condanne, 3 patteggiamenti e due rinvii a giudizio per un grupo di stranieri, per lo più egiziani

Contrabbandare tabacco da narghilé è come vendere in nero le sigarette. La decisione del giudice per l'udienza preliminare Marco Maria Alma ribalta le conclusioni di altri giudici sullo stesso argomento, secondo i quali non è possibile condannare chi contrabbanda tabacco sfuso da fumare con la pipa ad acqua perché la legge in merito, risalente al 1985, parla solo di sigari, e - appunto - sigarette. Così, oggi, il gup ha emesso 10 condanne a pene fino a 4 anni di reclusione e 3,4 milioni di multa, tre patteggiamenti e due rinvii a giudizio il procedimento a carico di 15 imputati, per lo più egiziani, accusati a vario titolo di associazione per delinquere e contrabbando di tabacco lavorato estero in relazione all'importazione di diverse tonnellate di tabacco sfuso aromatizzato alla mela per il narghilè. Le tonnellate in questione sono in parte state sequestrate nel corso di diverse operazioni della Guardia di finanza e in parte risultano dalle intercettazioni telefoniche. In base a quanto ricostruito dal pubblico ministero Nicola Piacente, i sette imputati accusati anche di associazione per delinquere, titolari di diverse attività di tipo etnico a Milano, importavano il tabacco dall'Egitto per poi distribuirlo all'ingrosso. Tutti, a parte due latitanti oggi rinviati a giudizio, erano stati arrestati durante l'inchiesta e poi rimessi in libertà dal gup una volta chiuse le indagini. A tutti gli imputati era contestato il reato di contrabbando previsto dalla legge 92 del 2001 in materia doganale che all'articolo 291 bis punisce con una multa e il carcere da 2 a 5 anni «chi introduce, vende, trasporta, acquista o detiene nel territorio dello Stato un quantitativo di tabacco lavorato estero di contrabbando superiore a 10 chilogrammi convenzionali». E proprio sulla definizione di «chilogrammo convenzionale» si era incagliato un altro procedimento in abbreviato a carico di un ristoratore accusato di un episodio simile qualche mese fa, perché la legge 76 del 1985 all'articolo 9 ne indica l'equivalenza in «200 sigari o 400 sigaretti ovvero 1.000 sigarette». Se in quell'occasione, lo scorso 7 ottobre, il gup Enrico Manzi aveva tagliato la testa al toro, condannando l'imputato per il solo contrabbando semplice a una multa di 3mila euro per 28 chili di tabacco alla mela, diversa oggi è stata la determinazione del collega Alma, secondo il quale la stessa legge prevede la possibilità di contemplare il tabacco sfuso. I difensori avevano argomentato che agli imputati andasse contestato il contrabbando di tabacco calcolandone però il quantitativo sulla base del solo principio attivo al lordo degli aromi con cui era mischiato, ma il gup ha escluso questa possibilità sostenendo che la legge sul contrabbando, a differenza di quella sulla droga, non tutela la salute dei cittadini ma gli interessi finanziari dello Stato che impone lo stesso tipo di tasse sulle sigarette, senza differenziare tra le light e le normali, tra quelle con filtro o senza filtro. La norma sul contrabbando di tabacco stabilisce sanzioni pecuniarie particolarmente pesanti, pari a 5,16 euro per ogni singolo grammo importato illegalmente.

Di qui le multe particolarmente alte comminate agli egiziani per i quali è stato possibile definire con certezza il quantitativo di tabacco contrabbandato. Negli altri casi, invece, il gip ha utilizzato un criterio favorevole agli imputati, calcolando la sanzione prevista per il contrabbando di 10,001 chili, appena oltre la soglia limite prevista dalla norma.

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