New York - Due ore noiose e senza sussulti, con un paio di milioni di telespettatori a seguire sulla Cnn (uno share da prefisso telefonico) il primo dibattito organizzato nel New Hampshire degli aspiranti candidati repubblicani alla Casa Bianca. Erano sette e sono già stati ribattezzati dai giornali americani «i sette nani» in quanto a personalità e fascino politico e soprattutto a soldi da raccogliere (occorrono almeno 300 milioni di dollari per sfidare l’inquilino democratico della Casa Bianca). Non possono quindi in nessun modo impensierire al momento il presidente Obama, anche se la sua popolarità, a causa della crisi economica, è in forte calo. Dopo l’uccisione di Bin Laden, il suo indice di gradimento è precipitato al 47%.
Il dibattito tra i candidati repubblicani è stato al cloroformio, tutto si è svolto secondo copione con poche scintille e continui complimenti reciproci. Nessuna punzecchiatura o accenno di polemica tra i sette sul palco. La frase più felice ed efficace, secondo i vari opinionisti, è stata quella del front-runner Mitt Romney: «Qualunque candidato su questo palco sarebbe un presidente migliore di Obama», ha detto l’ex governatore del Massachussetts, tra gli applausi del pubblico. E per Romney, un mormone nato nello Utah che ha già in cassaforte 110 milioni di dollari e la miglior macchina elettorale, è stata un’ottima serata: non ha subito attacchi o sgambetti e continua, anche se con un risicato 15%, a guidare la pattuglia dei «nani» repubblicani che vogliono far fuori Obama.
Ha fatto un ottimo esordio televisivo, distinguendosi dagli altri candidati, la deputata del Minnesota, Michelle Bachmann, la leader del movimento ultra-conservatore del Tea Party che viene spesso presentata come la sorella di Sara Palin (l’ex governatrice dell’Alaska e candidata alla vicepresidenza nel 2008 la quale continua a tergiversare sulle sue intenzioni a candidarsi alla nomination repubblicana). «Obama non andrà oltre il primo mandato», ha esordito duro la Bachmann che parla in modo diretto, senza usare mai il politichese, perciò piace alla base repubblicana. E a ogni suo intervento rincarava contro Obama, colpevole soprattutto per i suoi piani di stimolo economici «fallimentari» che non sono stati in grado di creare lavoro. Proprio l’occupazione è il tallone di Achille di Obama: «In maggio il tasso di occupazione è salito al 9,1%, nessun presidente dalla seconda guerra mondiale è stato rieletto con un dato superiore al 7,1%», ha tuonato la leader del Tea Party.
E così a turno hanno fatto gli altri candidati repubblicani: un continuo e incessante attacco a Obama e alle sue politiche economiche, sull’immigrazione e sull’aborto. «Non mi viene in mente una sola cosa giusta che abbia fatto Obama per l’economia americana», ha denunciato Ron Paul, deputato libertario del Texas. «La riforma sanitaria fatta approvare da Obama non è sostenibile da un punto di vista finanziario, ci porterà alla bancarotta in pochi anni e l’abolirei subito, è il primo atto che farò quando entrerò alla Casa Bianca», ha tuonato l’ex governatore del Minnesota, Tim Pawlenty. «Obama è contro l’occupazione, contro le aziende, è uno statalista e un socialista, è contro l’America», è andato duro l’ex speaker del Congresso, Newt Gingrich, forse il candidato messo peggio in quanto abbandonato in massa dal suo staff elettorale e con pochi dollari in cassaforte. Non poteva mancare un vero italoamericano tra i candidati repubblicani, Rick Santorum, con il papà arrivato dalla Campania 53 anni fa «in cerca di libertà e opportunità», ha spiegato l’ex senatore della Pennsylvania.
Per tutti fallimentare è stato anche il piano di salvataggio del settore auto, voluto da Obama e che ha evitato il collasso della General Motors e della Jeep-Chrysler: «Il piano non è stato un successo, è stato usato denaro pubblico e sono stati persi quasi 15 mila miliardi di dollari...lo chiamate successo», ha detto tra gli applausi il front-runner Romney, che da ieri mattina dovrà fronteggiare un nuovo candidato, molto serio e credibile, che non era presente al dibattito del New Hampshire. È Jon Huntsman, miliardario cinquantunenne che sembra un attore hollywoodiano, ambasciatore in Cina in questi ultimi due anni nominato proprio da Obama: ha annunciato ieri la sua candidatura.
Un grande esperto di economia cinese e delle tigri asiatiche, curriculum impeccabile negli affari, una famiglia da esibire come modello (sette figli e sposato felicemente da 26 anni con Mary Cooper), è stato governatore popolarissimo dello Utah. Sembra proprio Huntsman l’avversario più pericoloso di Romney, in attesa di sapere cosa faranno l’attuale governatore del Texas, Rick Perry, e la stella televisiva Sarah Palin.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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