Oggi sembra da boomer dire che album così non se ne faranno più. E invece è proprio vero: anche dopo cinquant'anni un album come The dark side of the moon dei Pink Floyd conserva intatto il fascino, non ha rughe e vediamo se qualche disco uscito nel 2023 avrà lo stesso impatto culturale anche nel 2073.
Allora, nella prima metà degli anni Settanta, la musica non era necessariamente meglio: era diversa. Aveva la pretesa di respirare a lungo, di superare il presente, di non accontentarsi della quantità ma di cercare quella cosa che oggi non è neanche un hashtag, ossia la qualità. I temi che The dark side of the moon affronta, ossia il concept del disco, sono di strepitosa attualità anche in questi giorni, il rapporto con il denaro, il tempo che non lo fermi, la morte, la paura delle differenze e l'alienazione mentale. La copertina, che è tra le più celebri di sempre, con la scomposizione dei colori dalla luce bianca che entra in un prisma, spiega le canzoni già da sola. E il suono, beh, quello era spaziale prima che fosse inventato l'«audio spaziale», grazie all'ingegnere Alan Parson e all'uso allora quasi fantascientifico dei loop o dei registratori multitraccia. Uno spettacolo sonoro che la nuova versione rimasterizzata di The dark side of the moon (per Warner) esalta al punto da renderla sostanzialmente perfetta e che le immagini rare e inedite del volume The Dark Side of the Moon dei Pink Floyd di Rizzoli Lizard spiegano ancora meglio. E si capisce perché questo disco sia uno dei più venduti di sempre (ben oltre le 50 milioni di copie) e perché resti, oggi più di prima, un disco fondamentale.
Intanto perché è pensato e composto da cervelli umani e poi suonato da polpastrelli appoggiati sulle tastiere degli strumenti. E poi perché, oggi a mezzo secolo dalla pubblicazione, lo ascoltano (pardon lo «strimmano») anche i ragazzi che allora neanche c'erano e magari non c'erano neppure i loro genitori.
In fondo, basta ascoltare The great gig in the sky, con il volo dolce e ossessivo della voce di Clare Torry, oppure il giro di basso di Money, il primo singolo pubblicato a maggio 1973, per realizzare che, con il loro ottavo album, i Pink Floyd avevano allargato i confini e tolto i generi per avvicinarsi all'opera perfetta.
Nonostante sia difficile spiegare dettagliatamente un successo così multi decennale e così multi generazionale (quasi 1500 settimane in classifica negli States), The dark side of the moon è uno dei (pochi) dischi davvero imprescindibili per capire la musica del secondo Novecento. Lo conferma anche l'uscita (per la prima volta come album separato) di Live At Wembley Empire Pool, London, 1974 nel quale, persino al netto della «traballante intonazione sia di Waters che di Gilmour», ci sono tutte le canzoni in versioni non ancora rodate dai live ma ricamate dai synth di Richard Wright e dal sax di Dick Parry. Brani da standing ovation emotiva perché così puri da arrivare davvero vicino a Syd Barrett, allontanato nel 1968 dopo essere inciampato in un crollo psichico, e poi celebrato con questo disco. Allora il gruppo suonava per un solo ex componente. Oggi che non esiste più il gruppo, ciascun componente suona per sé. Roger Waters (una delle poche rockstar che attacca tutti i potenti tranne Putin) ha risuonato The dark side of the moon in una edizione che dovrebbe uscire prima dell'estate. Questa rivisitazione vuole dare «una nuova direzione al messaggio politico ed emotivo dell'album» e onestamente non se ne sentiva troppo il bisogno. I Pink Floyd mica devono essere contestualizzati. Non devono essere piegati alle logiche del nostro tempo. I Pink Floyd sono al di fuori della realtà, sono paralleli alla politica o alla cronaca ed è per questo che saranno immortali. Se The Dark Side è considerato uno dei migliori dischi di sempre è proprio perché non ha bisogno di «una nuova direzione» come non ne hanno bisogno i capolavori senza tempo tipo Divina Commedia o Gioconda. In ogni caso, il batterista Nick Mason ha approvato la nuova remasterizzazione di The dark side of the moon e suonerà (con la propria band Saucerful of secrets) al Teatro Grande di Pompei il 24 luglio cinquantadue anni dopo averlo fatto con i Pink Floyd.
Allora la band non avrebbe mai immaginato che, tanto tempo dopo, i loro rapporti sarebbero stati così orribili da far sfumare persino la vendita del catalogo per centinaia di milioni di dollari. La causa? Secondo Variety «l'incapacità di lavorare insieme» di Mason e degli eredi di Richard Wright e Syd Barrett. In più Roger Waters e David Gilmour, due che avrebbero potuto diventare insieme i più grandi compositori del rock, litigano su tutto, persino sulla politica. E, come se non bastasse, Polly Samson, la moglie di Gilmour, non va per il sottile e nel tweet del 6 febbraio ha riassunto la propria posizione senza giri di parole: «Purtroppo, Roger Waters, tu sei un antisemita marcio fino al midollo. In più giustifichi Putin, sei un bugiardo, un ladro, un ipocrita, un evasore fiscale, uno che canta in playback, un misogino, megalomane invidioso. Ne ho abbastanza del tuo nonsense».
A dirla fino in fondo, tutti ne hanno abbastanza di una lite le cui motivazioni ormai sfuggono a noi comuni mortali che dopo decenni tendiamo a smussare, alleggerire, dimenticare i contrasti, specialmente se la situazione economica non è solo rosea ma di più. Già dopo la pubblicazione del disco, Rick Wright e Roger Waters comprarono residenze regali e Nick Mason ritirò così tante auto di lusso che oggi un rapper da dischi di platino sembrerebbe un poveraccio. Poi, tutti insieme, produssero addirittura il film Monty Python e il Sacro Graal.
Eppure, a 77 anni computi Gilmour, e a 79 da compiere Waters, litigano ancora come ragazzini, come se volessero sporcare la memoria attuale di un disco gigantesco che ha compiuto mezzo secolo ma rimane senza età sfuggendo pure quella mortale contabilità che è l'anagrafe (anche musicale).- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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